Se Hugo Chávez persegue la pace in Colombia allora è un terrorista

pintada_bush_terrorista Venticinque autorevoli parlamentari statunitensi, in maggioranza del Partito repubblicano di quel paese, ma anche del Partito democratico, hanno chiesto l’inserimento del Venezuela nella lista degli stati terroristi. Ogni coincidenza con il contenzioso con la Exxon-Mobil, del quale abbiamo dato conto qui, non è casuale. Ma c’è anche altro.

Dall’11 settembre 2001 in avanti, una delle pratiche sinistre della “guerra al terrorismo” è stata quella della lista nera delle organizzazioni e paesi considerati terroristi dal governo Bush. La lista, lungi dal raggiungere successi contro alcuno dei soggetti inclusi, ma producendo guasti come la spaccatura in due e la ghettizzazione della Autorità nazionale palestinese, si è rivelata essere un del tutto arbitrario elenco dei nemici personali di George Bush, dell’ideologia neoconservatrice e delle lobby che la supportano. Lo testimonia l’inserimento nella lista nera dei terroristi dei movimenti indigeni latinoamericani che da solo squalifica l’intera pretesa di classificare il mondo tra buoni e cattivi.

E’ evidente che il terrorismo esista e vada combattuto, ma l’arbitrarietà con la quale il governo degli Stati Uniti stabilisce chi è e chi non è “terrorista”, fa a cazzotti con un secolo di diritto internazionale, soprattutto quando vi include soggetti che, lungi dal prendere le armi in maniera legittima o illegittima, vuole criminalizzare chiunque non si identifica con il pensiero unico.

Il problema di cosa sia terrorista è tutto meno che banale. Il diritto internazionale cristallinamente garantisce il diritto all’insorgenza contro forze nemiche occupanti, quindi in Iraq, Afghanistan, Cecenia o a Gaza e in Cisgiordania. Oppure stabilisce che, ove si ravvengano determinate condizioni, come il controllo di territorio (è il caso delle FARC colombiane), deve essere riconosciuta la belligeranza di chi quel territorio controlla. Allo stesso modo però esiste una sottile linea per la quale è difficile non considerare pratiche terroristiche azioni come l’uso di autobombe o kamikaze contro civili, o il sequestro di persona.

Bush di tutto ciò mussolinianamente “se ne frega”. E quindi per esempio include nella sua lista i movimenti indigeni e contadini dell’America latina. E’ evidente che movimenti indigeni come quello boliviano, che hanno rovesciato governi come quello di un fervente amico di George Bush come Gonzalo Sánchez de Losada (oggi rifugiato a Miami ma incriminato in patria per genocidio) sulla strampalata pretesa che l’acqua non è una merce ma un bene comune, terrorizzino il mondo delle multinazionali. Ma non è detto che tutto quello che terrorizza le multinazionali sia terrorismo.

Adesso, con la richiesta dell’inserimento del Venezuela nella lista degli stati terroristi, si fa un passo avanti, direttamente collegato ai due più grossi contenziosi aperti tra governi integrazionisti latinoamericani e sistema statunitense: l’energia e la Colombia. Non sorprende allora il sillogismo dato a motivazione del considerare il governo venezuelano come terrorista: “se noi consideriamo le FARC colombiane come organizzazione terrorista e Chávez invece chiede di considerare le FARC come belligeranti, allora anche Chávez è terrorista“. Che è come dire che il diritto internazionale e perfino la convenzione di Ginevra vadano considerati terroristi! Ed è come dire che anche la politica, quando non coincide con l’oggettivazione della volontà degli Stati Uniti d’America, sia terrorista.

Giova ricordare che Hugo Chávez, pur condannando duramente la pratica del sequestro, ha chiesto il riconoscimento delle FARC sulla base di quanto specificano le convenzioni internazionali in merito, e nella valutazione politica che il riconoscimento della belligeranza delle FARC e dell’esistenza di un conflitto interno può favorire la prospettiva di un processo di pace. Processo di pace perseguito da Chávez in prima persona insieme a tutti i governi integrazionisti della regione, tra i quali spiccano il Brasile di Lula e l’Argentina di Cristina Fernández. Processo di pace al quale invece sono rigidamente contrari il regime colombiano di Álvaro Uribe, il governo spagnolo e ovviamente quello statunitense, sulla base del presupposto che l’unica soluzione al conflitto sia l’escalation militare.

Come la pensino i familiari dei sequestrati in Colombia è noto, ma solo agli addetti ai lavori. In questi giorni è in Italia Yolanda Pulecio de Betancourt, madre di Ingrid Betancourt, che sostiene il processo di pace, lo scambio umanitario e considera indispensabile il ruolo di Hugo Chávez. Ma è da escludere che la signora Pulecio abbia l’opportunità di dirlo ed essere intervistata dal TG1 di Gianni Riotta.

La provocazione dell’inserimento del Venezuela nella lista dei paesi terroristi è grave e pretestuosa ma prospererà. Evidenzia che gli Stati Uniti vogliono un’ulteriore escalation contro i governi integrazionisti latinoamericani e nuovi attacchi alla sovranità venezuelana, come testimonia il caso Exxon. L’inserimento nella lista nera comporterebbe l’unilateralità di gravi sanzioni contro il Venezuela, il congelamento dei beni e degli interessi venezuelani negli Stati Uniti, e la “proibizione” a un centinaio di paesi satelliti degli Stati Uniti di mantenere relazioni economiche con Caracas.

La risposta di Hugo Chávez è stata fulminante quanto scomoda. Parlando ad una delegazione di scienziati argentini ha ricordato le guerre, i crimini, il terrorismo di stato e le violazioni dei diritti umani di George Bush e ha consigliato al presidente statunitense di inserire il governo degli Stati Uniti al primo posto della sua lista degli stati canaglia. C’è da giurarci che, per la grande stampa, il provocatore sia sempre e solo il negraccio dell’Orinoco.