Il precedente libico

E’ difficile sapere se Silvio Berlusconi se ne sia reso conto, ma sottoscrivendo gli accordi con Gheddafi in Libia, e riconoscendo al paese nordafricano un risarcimento per “i danni causati dal colonialismo e dalle atrocità commesse dagli italiani”, ha creato un precedente storico per due ordini di motivi entrambi importanti. Per entrambi gli ordini di motivi, che analizziamo di seguito, è possibile che il passo realizzato da Silvio Berlusconi comporterà, di qui a qualche anno, che venga ricordato come una svolta. Forse ci sarà perfino un prima e un dopo di tale riconoscimento per l’intera storia del post-colonialismo europeo.

Il primo ordine di motivi è politico interno. Un governo di destra ammette e mette per iscritto che il mito degli “italiani brava gente” e del colonialismo portatore di civiltà, sono stati sempre e solo pura propaganda. Di fronte al tenace negazionismo dei crimini del colonialismo italiano oggi c’è la sanzione politica: l’Italia ha accettato di pagare un risarcimento. Non avrebbe accettato di pagare senza riconoscere il danno e accettando di pagare ha riconosciuto il danno stesso, peraltro documentatissimo da decenni da storici come Angelo del Boca. Tale atto politico trasforma oggettivamente il dibattito sul colonialismo e l’indulgenza che ha sempre caratterizzato il giudizio dell’opinione pubblica italiana sui nostri crimini.

Da oggi, nel sistema educativo, sui giornali e nei bar di tutta Italia, l’argomento del colonialismo che avrebbe portato vantaggi ai popoli colonizzati non vale più, visto che paghiamo un risarcimento per i danni procurati. Così come non vale più l’argomento degli italiani brava gente, visto che abbiamo riconosciuto addirittura in un trattato internazionale le nostre atrocità. Non è paradossale affermare che un governo di centrosinistra, firmando un accordo analogo, non avrebbe avuto la possibilità di raggiungere tale risultato. Anzi avrebbe scatenato un dibattito nel quale gli argomenti negazionisti e imperialisti avrebbero trovato pieno diritto di cittadinanza.

La seconda considerazione concerne il colonialismo in generale. Il risarcimento italiano, 5 miliardi di dollari in 25 anni, una cifra significativa senza essere esaustiva, è un passo storico nella giusta direzione, ma apre la porta ad analoghe rivendicazioni da parte di tutti i paesi colonizzati verso i colonizzatori. I nostri alleati francesi, inglesi, portoghesi, belgi, non saranno contenti. Il quotidiano algerino El-Khabar si è già espresso in questo senso: «la Francia deve fare con l’Algeria quello che l’Italia ha fatto con la Libia».

E’ stato calcolato che se la Francia volesse restituire all’Algeria quanto ha sottratto in 130 anni di occupazione coloniale, dovrebbe dare per 50 anni il 50% del proprio prodotto interno lordo. Non succederà mai, così come non succederà mai che il Belgio smantelli il proprio benessere creato col genocidio voluto da Re Leopoldo per restituirlo al Congo. Potremmo proseguire, basta pensare all’India e a quanto dello sviluppo e del benessere britannico è stato ottenuto col sopruso.

Non succederà mai, ma possono esserci due conseguenze, entrambe positive. Da una parte si apre la possibilità di tavoli di compensazione analoghi a quello italo-libico. L’opinione pubblica algerina, come abbiamo visto, ne sta già discutendo. In un mondo dove l’unipolarismo sta cadendo a pezzi, altri europei, come ha già fatto Berlusconi, potrebbero essere presto indotti a negoziare. Dall’altro, l’ammissione, anche in ambienti non anticoloniali e non antimperialisti della dannosità del colonialismo, semina la possibilità di riconsiderazioni importanti anche sulla presunta superiorità della civiltà europea che è così intima parte del buon senso comune dell’opinione pubblica del continente, anche rispetto ai fenomeni migratori.

E’ probabile che Berlusconi non si sia voltato indietro a fare tali considerazioni e che abbia solo guardato avanti e a procurare le migliori relazioni politiche ed economiche possibili con la Libia. E’ probabile che non abbia calcolato le conseguenze storico-politiche del suo gesto. Ma bene ha fatto.