Piccoli razzisti padani – bambino picchiato e costretto a cambiare scuola in provincia di Treviso

Ieri era in prima pagina su Il Mattino. Ma per il resto della stampa nazionale, per i TG, per chi campa sulla cronaca, non è notizia. Un bambino di otto anni per mesi è stato picchiato, insultato, minacciato, fino a che la mamma non ha scoperto nel suo diario che addirittura meditava il suicidio. Il bimbo aveva raccontato tutto alle maestre ma queste non avevano voluto credergli. Prima delle botte avevano cominciato a chiamarlo "monnezza". Perché la sua colpa è essere napoletano. Per quello veniva discriminato, insultato, minacciato, picchiato e, forse soprattutto, non creduto e deriso dai grandi.

Alla fine la famiglia si è vista obbligata a cambiargli scuola portandolo via da Castelfranco Veneto, provincia di Treviso (qualcuno metterà il superlativo civilissima, civilissima una ****). Non mangiava più, non parlava più, ma soprattutto non voleva che la mamma e la nonna lo andassero a prendere a scuola. Perché la colpa di quel bambino era sua madre. O meglio, l’origine della mamma, considerata un marchio infamante nel Veneto che vota per Umberto Bossi.

Di fronte al muro di omertà e di impunità fatto dall’istituzione scolastica trevigiana ed al fatto che nessuno prendeva le difese della vittima e tutti stavano dalla parte dei carnefici, per la famiglia non c’è stata altra soluzione che cambiargli scuola. Adesso sembra che si stia riprendendo, ma chi non si riprende è quell’Italia dei piccoli e grandi razzisti padani. Loro sì che sono senza speranza.