La sordida guerra degli Omero Ciai della grande stampa per criminalizzare il processo di pace in Colombia

imagesLa Repubblica di ieri la spara grossa a tutta pagina: “Ecco chi aiuta le Farc dall’Italia“, articolo ripubblicato a tambur battente dal sito del Partito Democratico al quale rimanda il link. Secondo una velina pubblicata in settimana dal quotidiano El Tiempo di Bogotà, di proprietà della famiglia di Juan Manuel Santos, ministro della difesa, e di Francisco Santos, vice presidente, sulla quale il notoriamente pigro Omero Ciai ricalca con la matita copiativa il suo articolo, in Italia ci sarebbero due importanti fiancheggiatori delle FARC nelle persone di due dirigenti di Rifondazione Comunista, l’ex-parlamentare Ramon Mantovani (nella foto) e Marco Consolo.

La notizia è così ghiotta che Omero non la capisce, e ciò conferma la pigrizia catalettica di Ciai. Nel pezzo colombiano “Ramon” e “Consolo” sono indicati come nomi di battaglia. Non è detto che in Colombia abbiano sotto mano la Navicella parlamentare, ma Ciai avrebbe dovuto averla e capire che Ramon e Consolo non erano alias ma nomi reali, in chiaro, di persone che non hanno nulla da nascondere. Velinaro.

A Mantovani e Consolo si aggiungerebbero quattro o cinque fresconi, reduci che giocano ancora a fare gli anni ’70, o pensionati RAI, tutti vicini all’associazione Nuova Colombia. Sono gli ultimi che, con un linguaggio veteroveteroveterocomunista, sono arciconvinti che le FARC non solo abbiano sempre ragione, ma che stiano per entrare a Bogotà, che ovviamente li aspetta a braccia aperte, per liberarla. La colpa dei fresconi? Organizzare cene, Omero dixit e non è troppo convinto neanche lui che sia grave, ma lo mette lì, perchè altrimenti non sa che scrivere e la “connection” si sconnette.

Infine, tra i fiancheggiatori della guerriglia Ciai aggiunge la ‘ndrangheta, altrimenti che “narcoterroristi” sarebbero le FARC? Per quello che ne sappiamo la ‘ndrangheta fa sicuramente affari con i paramilitari alleati o ex-alleati del governo colombiano. Omero evita di ricordarlo, ma per esempio con la ‘ndrangheta faceva affari l’italo-colombiano Salvatore Mancuso, uno dei massimi dirigenti paramilitari, trasferito mesi fa in tutta fretta in un carcere di massima sicurezza negli Stati Uniti perchè aveva una gran voglia di parlare, e ovviamente dire cose scomode sul governo Uribe.

Ora, tra i fresconi di cui sopra, i parlamentari impegnati da anni per favorire il processo di pace e la ndrangheta, non vi è evidentemente nessuna relazione. La storia che Omero Ciai si guarda bene dallo spiegare, ed è un’omissione dolosa, leggetela, è quella del vaso di Pandora dei presunti computer di Raúl Reyes, il dirigente delle FARC assassinato in territorio ecuadoriano con un’azione di guerra illegale. Computer che da cinque mesi a orologeria sputano fuori di tutto, un giorno contro il Venezuela, il giorno dopo contro l’Ecuador, poi contro la Bolivia, poi contro i movimenti sociali o le associazioni in difesa dei diritti umani (tutti terroristi), domani forse contro Joseph Ratzinger o Carla Bruni, tutto a patto che convenga al governo colombiano di Álvaro Uribe. Tutto se non dimostrabilmente falso almeno plausibilmente sempre falso.

Sulla falsità dimostrata della gran parte o totalità di quanto restituito dai presunti PC di Reyes, Ciai glissa. Anzi, non è sfiorato da alcun dubbio. Altrimenti il pezzo non l’avrebbe potuto scrivere. Insomma bisogna mettere nel mazzo persone impegnate da molti anni nel processo di pace, fresconi e mafie, far finta che questa strana compagnia sia una “connection” (sic) e quindi far intuire al lettore superficiale che magari Mantovani è della ‘ndrangheta, per allinearsi all’esigenza del governo colombiano e statunitense di picchiare chiunque ricordi che in Colombia non c’è una soluzione solo militare al conflitto e che comunque con le FARC bisognerà dialogare.

Intendiamoci, non che l’articolo di El Tiempo non fosse notizia, lo era. Ma se Omero Ciai fosse stato un buon giornalista avrebbe capito i nomi e intervistato con un giorno d’anticipo Mantovani e Consolo che vivono e lavorano a Roma e non nella selva del Guaviare. E, se fosse stato in buona fede, avrebbe ricordato la vera storia dei computer di Raúl Reyes.