Venerdì il Vertice di Panama. Gli USA sono delusi dall’America latina per il Venezuela

Vertice di Panama

USA/Latinoamerica: la sottosegretaria di Stato per l’America latina, Roberta Jacobson (foto) si è dichiarata «delusa» dalla reazione dei governi latinoamericani di fronte alle sanzioni che gli USA pretendono d’imporre al Venezuela. Queste, sia pur con parole prudenti, sono infatti state condannate da tutti gli organismi continentali, come UNASUR e CELAC, e con parole più forti da molti leader. Tutto ciò a poche ore dal vertice di Panama nel quale si troveranno fianco a fianco Barack Obama e Raúl Castro.

Si arriva così a Panama in condizioni particolari in un momento rappresentato dal mainstream come di grande difficoltà per i paesi integrazionisti. Non solo sono lontanissimi i tempi nei quali la maggior parte dei governi latinoamericani aveva «relazioni carnali» con quello USA e aderiva entusiasticamente a qualsiasi proposizione di quel paese ma, forse per la prima volta, gli Stati Uniti ammettono pubblicamente la frustrazione del non saper più come imporre la loro volontà sul Continente.

«Sono delusa – ha insistito Jacobson – il tono che usano i leader latinoamericani demonizza gli USA trattandoci come se fossimo noi i responsabili dei problemi del Venezuela». Per Jacobson «la nostra non era un’ingerenza e sono dispiaciuta che sia stata trattata come tale. Era arrivato un momento nel quale il dialogo [con Caracas] non era più possibile e noi dovevamo fare un passo per andare nella direzione corretta».

La direzione corretta, per il governo obamita, lo scorso 9 marzo è stata dichiarare il Venezuela chavista come «una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti», una presa di posizione foriera di un indurimento diplomatico, che ha lasciato perplessi anche i paesi più moderati della regione e che ha provocato una raccolta di firme in favore del governo di Nicolás Maduro alla quale avrebbero aderito più di otto milioni di latinoamericani.

Il VII vertice delle Americhe, che si inaugura venerdì a Panama, si preannuncia così freddino per Obama. Nonostante il ciclo di governi progressisti e integrazionisti stia mostrando ovunque segnali di stanchezza, e leader di destra o estrema destra come Macri, Massa, Uribe, Capriles, oltre al messicano Peña Nieto e al peruviano Humala, pretenderebbero di invertire il segno politico della regione, non perciò il futuro prossimo appare prevedere un ritorno al vecchio «Washington Consensus» che dominò la politica e l’economia alla fine del XX secolo.

Cuba, che gli USA non sperano neanche più di poter escludere da questo tipo di vertici, come accadeva fino a pochi anni fa, ha infine ottenuto da Washington un dialogo realista da posizioni di non debolezza. Diplomaticamente l’isola dà inoltre le carte dell’importantissimo processo di pace colombiano il rifiuto del quale, in epoca uribista, era stato la principale carta per la penetrazione militare USA nel Sud. Altri fronti sono aperti e dall’esito incerto, dalla fiera resistenza argentina alla volontà dei fondi speculativi, alla battaglia per la Comunicazione. Su questo tema il campo progressista resta in franca difficoltà, con l’intero mainstream mondiale allineato alle posizioni dei conglomerati privati delle grandi famiglie del Continente, dagli Edwards ai Santos, dai Noble agli Azcárraga e quindi riflettendo una visione unilaterale del continente. Lo testimonia l’attenzione planetaria per ogni manifestazione delle opposizioni in Venezuela, Brasile e Argentina rispetto all’indifferenza verso la macelleria messicana o il massacro sistematico di militanti sociali, in particolare studenti, al quale assistiamo in Honduras dal golpe del 2009 a oggi.

Anche se i governi progressisti non sono nel loro miglior momento, risulta abbastanza disastroso come gli USA arrivino al Vertice di Panama ritrovandosi da subito sulla difensiva. Un mese prima dell’appuntamento più importante della politica multilaterale del continente americano tirano il sasso e dichiarano che il Venezuela è un pericolo per la loro sicurezza nazionale e a pochi giorni dall’inizio nascondono la mano: «non pretendiamo – ha concluso Jacobson – di imporre il tema venezuelano nell’agenda del vertice». Non ci sono più gli Stati Uniti di una volta.