La ragazza assassinata in Sicilia la scorsa settimana aveva denunciato per sei volte per stalking l’uomo che l’ha uccisa. La madre dei due bambini avvelenati e bruciati ieri dal padre in Lombardia lo aveva denunciato già dieci volte, sempre per stalking. Evidentemente, se si sono scomodate a presentare denuncia, credevano nella legge e nello stato di diritto, o forse volevano solo lasciare qualcosa di scritto: “a futura memoria”. Innumerevoli testimonianze affermano che in genere la presentazione di una denuncia penale si concluda con un paternalistico «signora torni a casa e faccia pace con suo marito».
È come se -invece di spiccare un mandato di cattura- invitassero il rapinato ad offrire una cena al rapinatore e chiuderla lì. Eppure spesso basterebbe poco per verificare la fondatezza, anche semplicemente esaminando i tabulati telefonici. Se tizio chiama la propria ex 48 volte in una notte non va fermato? Non è possibile delegare alle forze dell’ordine, che non hanno strumenti culturali né mezzi materiali, la lotta contro il terrorismo maschilista ma non è possibile neanche permettere loro di esserne complici striscianti. Ma il poliziotto che infila la denuncia nel fondo di un cassetto e il GIP che non dà seguito ad alcuna indagine, rischiano almeno l’omissione d’atti d’ufficio?