C’è qualcosa che mi incuriosisce nel ricorrere dell’uso del termine “moderati” che sta piano piano sostituendo “riformisti” per identificare l’opposizione in Iran.
Che vuol dire moderati? Chi sono i moderati? Sono i sostenitori di Moussavi ovviamente. Il centro-destra, in italiano, automaticamente.
Va da sé che chi si oppone ai moderati è il centro-sinistra, ovvero Ahmedinejad (che deduco a questo punto essere lui il “riformista”), alleato di Obama (lo ha spiegato Robert Kagan) e di Franceschini!
Faccio una mia parzialissima ricerchina e scopro che:
1) per le elezioni del 2005 tutti, compreso l’ “Osservatore Romano”, per l’opposizione ad Ahmedinejad usano solo il termine “riformista”.
2) quest’anno è invalso un uso frastagliato che contribuisce a diluire il significato delle parole visto che di fatto “moderato” e “riformista” vengono usati come sinonimi.
Tiziana Ferrario del TG1 si guarda bene dall’usare sia “riformista” (che però sfugge nei titoli a Susanna Petruni) che “moderato” e dice sempre “opposizione”. A scavare un po’ emergono le appartenenze politiche. Il termine “riformista”, che nel 2005 accomunava tutti, oggi è usato soprattutto dai giornali di centro-sinistra, “La Repubblica”, “Il Manifesto” (Marina Forti è tra i pochissimi a chiamare “destra” i conservatori), ma sempre meno negli altri. Dal “Resto del Carlino” al “Sole24Ore” a “Il Messaggero” “moderati” sta sostituendo, intersecando, affiancando sempre più “riformisti”. Ingenuamente?
Chissà se ai ragazzi che scendono in piazza rischiando la vita sotto le pallottole dei basiji piace essere definiti “moderati” ma, intendiamoci, “moderati”, anche se discutibile, non è tecnicamente sbagliato. Dipende dall’interpretazione che si dà ai fatti: se si pensa ad uno scontro interno al regime allora “moderati” e “estremisti” potrebbero essere i termini più corretti. Se si pensa invece a una spallata dall’esterno allora “riformisti” e “conservatori” è più preciso. E chi scrive che siamo ad un passo da una controrivoluzione e poi usa “moderati” o è confuso o fa un uso strumentale del termine.
Ma sono sofismi da analisti, e visto che le parole sono importanti ed è altrettanto importante la stabilità comunicativa, è sospetta l’improvvisa voga di un termine che fa coincidere, almeno per lo spettatore superficiale, “i nostri” iraniani con “i nostri” del “Popolo delle Libertà”. Perché mai la stampa “moderata” che fa il tifo per i “moderati” del Popolo delle Libertà in Iran dovrebbe fare il tifo per i “riformisti” da noi trinariciuti? Basta cambiar nome e tutto va a posto. E ancora una volta la gente, il popolo bue, non deve capire.