Sinistra e America Latina

Peppe One: Sarà questo senso di impotenza di fronte alle stragi di Oaxaca, ma mi viene da allargare il discorso. Un tempo, in un modo o nell’altro, le vicende latino americane erano prese a mo d’esempio nei dibattiti della sinistra italiana, servivano a sostenere tesi -penso al Berlinguer che del Cile di Pinochet faceva argomento per il compromesso storico- o a riproporre pratiche politiche semplicemente improponibili qui da noi. Quanto è cambiata questa sinistra! D’Alema che appoggia il golpe Carmona contro Chávez [l’11 aprile 2002, in realtà non semplicemente d’Alema, ma l’Internazionale Socialista, d’Alema in particolare appoggiò Fernando de la Rúa quando faceva sparare sulla folla in Argentina, N.d.R], Grillini che da Mentana per sostenere la tesi antiproibizionista -il divieto favorisce l’illegalità- cita l’elezione di Morales quasi fosse un mafioso, la Repubblica che nasconde con le menzogne la strage di Oaxaca, nessuno che dice come la Bachelet stia reprimendo vergognosamente i [mapuche], fino alla sinistra radicale di governo che appoggia la campagna, alla fine, astensionista di Marcos senza neppure chiedersi che differenze ci siano tra López Obrador e Prodi. È ricominciata in America Latina la lotta per la "seconda indipendenza", verso la quale da noi o c’è la presa netta di distanza, o l’incapacità a farne senso della realtà del mondo che ci circonda. Sento spesso parlare di declino affianco a dati sul PIL, sulla competitività, sulla finanziaria, e mi chiedo se questo provincialismo non ne sia invece il segno più preoccupante. […]

Gennaro Carotenuto: Una parola sola: "eurocentrismo".


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