Senza essere mai incriminato per nulla fu torturato orribilmente per due anni da agenti del servizio segreto di sua maestà britannica. Quindi fu deportato a Guantanamo dove fu detenuto illegalmente. Infine la sua liberazione fu condizionata al silenzio.
E’ la storia di Binyam Moahmed, ragazzo etiope stritolato dalla guerra al terrorismo.
Nonostante la notizia sia uscita su molti giornali britannici, “The Independent” e “Sunday Times”, se ne trova breve traccia solo su due quotidiani italiani, “Il Secolo XIX” e “Libero”. Binyam Moahmed, cittadino etiope e rifugiato politico in Gran Bretagna dal 1994, sarebbe stato torturato orribilmente da agenti dell’MI-5 britannico in Marocco nel 2002 prima di essere deportato a Guantanamo, territorio cubano occupato.
Quindi, dopo sette anni di detenzione, senza che mai fosse incriminato per nulla (come il 90% dei detenuti di Guantanamo) l’avvocatura dello Stato degli Stati Uniti avrebbe condizionato la sua liberazione alla firma di un documento nel quale doveva negare di essere stato torturato, doveva rinunciare a rivalersi contro il governo degli Stati Uniti e gli alleati di questo per le torture e l’ingiusta detenzione e doveva impegnarsi a non parlare mai con i media del suo caso.
Clive Stafford-Smith, avvocato di Binyam, che oggi ha 31 anni ed è stato liberato appena un mese fa, denuncia sia il fatto che il governo degli Stati Uniti stia continuando ad operare continue ed illegali pressioni per nascondere la verità sulle violazioni dei diritti umani, sia il fatto che nonostante innumerevoli denunce tuttora non è stata avviata alcuna inchiesta sulla presunta partecipazione di agenti dei servizi segreti britannici alle torture inflitte ai sospetti terroristi.