La Casa della malavita

Giusto cent’anni fa, all’inizio del XX secolo, Gaetano Salvemini accusava Giovanni Giolitti di essere "il ministro della mala vita". Allora si scriveva staccato, poi la malavita si è istituzionalizzata, fatta stato e adesso mala, vita e governo son tutt’uno. Oggi i manipoli di corrotti, inquisiti e pregiudicati, agli ordini di Silvio Berlusconi, bivaccano nelle aule sorde e grigie della Camera e del Senato. Ammetto di avere pregiudizi verso i ladri e preferisco non averli in casa né che vadano in Parlamento. Ammetto anche di provare orrore per il garantismo vergognoso che si respira in questo paese quando a "sbagliare" è un ricco, un famoso, un potente. Ebbene sì, sono un giustizialista e me ne vanto!

In questo pezzo de l’Unità a firma Giuseppe Vittori, una lista incompleta dei pregiudicati che ci governano e vorrebbero continuare a farlo:

L’elenco completo dei candidati della Casa delle Libertà inquisiti, o condannati in via provvisoria, o addirittura pregiudicati in via definitiva, occuperebbe diverse pagine di giornale. Ci limitiamo ai casi più eclatanti, in rigoroso ordine alfabetico. All’inizio della sua avventura politica, il 27 marzo 1994, Silvio Berlusconi escluse anche gli aspiranti parlamentari raggiunti da un avviso di garanzia. Ora, dodici anni dopo, inchieste e processi a carico fanno curriculum…

Alemanno Gianni (An). Indagato dal Tribunale dei ministri per finanziamenti illeciti da Calisto Tanzi alla sua rivista «Area».

Berlusconi Silvio (FI). È uscito indenne da una dozzina di processi, ma quasi mai per innocenza. Nell’ordine: un’amnistia (falsa testimonianza sulla P2), sei prescrizioni (due per corruzione giudiziaria nei casi Mondadori e Squillante; quattro per falso in bilancio, tutte propiziate dalla sua «riforma» dei reati societari), un reato depenalizzato dal suo stesso governo (falso in bilancio All Iberian), un processo abolito dalla legge Pecorella (l’appello Sme-Ariosto). Assolto per insufficienza di prove in Cassazione nel processo per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza (comunque accertate: vedi condanne del manager Sciascia e dei militari corrotti), il premier ha ancora due processi in corso: quello per i diritti Mediaset con le accuse di falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita (udienza preliminare); e quello per corruzione e concorso nella falsa testimonianza di David Mills (indagine appena chiusa). Ma è imputato anche in Spagna, per falso in bilancio e violazione dell’antitrust nell’affare Telecinco.

Berruti Massimo Maria (FI). Condannato a 8 mesi definitivi per favoreggiamento nel processo Fininvest-Guardia di Finanza.

Biondi Alfredo (FI). Ha patteggiato 2 mesi per evasione fiscale su 1 miliardo di lire a Genova (reato poi depenalizzato).

Bossi Umberto (Lega). Condannato a 8 mesi definitivi per finanziamento illecito (maxitangente Enimont).

Brancher Aldo (FI). Arrestato nel ’93 per le mazzette Fininvest a Craxi, condannato in primo e secondo grado a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e finanziamento illecito, s’è salvato in Cassazione (falso in bilancio abolito dal suo governo, finanziamento prescritto). Ora è sospettato di aver ricevuto soldi da Gianpiero Fiorani.

Calderoli Roberto (Lega). Condannato in appello a 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia nella sede leghista di via Bellerio a Milano, sentenza poi annullata dalla Cassazione che ordina un nuovo appello. Calderoli è sospettato anche di aver ricevuto denaro da Fiorani.

Cantoni Giampiero (FI). Ex presidente della Bnl in quota Psi, inquisito e arrestato per corruzione, bancarotta fraudolenta e altri reati, ha patteggiato 2 anni e risarcito 800 milioni di lire.

Cesa Lorenzo (Udc). Arrestato nel ’93 dopo un periodo di latitanza, viene condannato nel 2001 con l’ex ministro Gianni Prandini a 3 anni e 3 mesi per corruzione: ha ammesso tangenti da centinaia di milioni per appalti Anas. Ma nel 2003 la Corte d’appello di Roma annulla la condanna per un vizio tecnico: il pm aveva svolto funzione di gup. Così scatta la prescrizione.

Cuffaro Salvatore (Udc). Imputato per favoreggiamento a Cosa Nostra, è accusato di aver informato il boss Guttadauro e l’imprenditore colluso Aiello delle indagini a loro carico.

Dell’Utri Marcello (FI). Condannato definitivamente a 2 anni per le false fatture e le frodi fiscali di Publitalia, ha patteggiato altri 6 mesi per false fatture e falso in bilancio, si è preso 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa dal Tribunale di Palermo e 2 anni per tentata estorsione dal Tribunale di Milano. E’ imputato a Palermo per calunnia e a Madrid per Telecinco.

De Michelis Gianni (Psi). Ha patteggiato a Venezia 1 anno e 6 mesi per corruzione (mazzette autostradali del Veneto) e a Milano 6 mesi per finanziamento illecito (tangente Enimont).

Del Pennino Antonio (Pri). Ha patteggiato 2 mesi e 20 giorni per finanziamento illecito (Enimont) e 1 anno e 8 mesi per i finanziamenti illegali della metro milanese.

Drago Giuseppe (Udc). Condannato dal Tribunale di Palermo a 3 anni e 3 mesi per peculato e abuso per aver svuotato nel ’98, quand’era presidente della Regione Sicilia, la cassa dei fondi riservati, portando via i 230 milioni di lire ivi contenuti.

Frigerio Gianstefano (FI). Condannato definitivamente a oltre 6 anni a Milano per le tangenti sulle discariche (3 anni e 9 mesi, corruzione) e per altri due scandali di Tangentopoli (2 anni e 11 mesi per concussione, corruzione, ricettazione e finanziamento illecito), è interdetto dal diritto di voto attivo e passivo fino al 2009, ma alla Camera -dove scontava la pena in affidamento ai servizi sociali- ha votato regolarmente le leggi.

Galvagno Giorgio (FI). Ex sindaco Psi di Asti, nel ’96 ha patteggiato 6 mesi e 26 giorni di carcere per inquinamento delle falde acquifere, abuso e omissione di atti d’ufficio, falso, delitti colposi contro la salute pubblica e omessa denuncia dei protagonisti dello scandalo della discarica di Vallemanina (smaltimento fuorilegge di rifiuti tossici in cambio di tangenti).

La Loggia Enrico (FI). Indagato al Tribunale dei ministri per finanziamenti da Parmalat in cambio di presunte «consulenze».

La Malfa Giorgio (Pri). Condannato definitivamente a 6 mesi e 20 giorni per finanziamento illecito (maxitangente Enimont).

Mannino Calogero (Udc). Condannato in appello a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Poi la Cassazione ha annullato la sentenza per difetto di motivazione e ha disposto un nuovo appello. Mannino però ha invocato la legge Pecorella, che abolisce l’appello in caso di proscioglimento.

Martinat Ugo (An). Viceministro delle Infrastrutture, è indagato a Torino per turbativa d’asta e abuso in appalto per le Olimpiadi di Torino e in un altro per il Tav in Valsusa.

Maroni Roberto (Lega). Condannato definitivamente a 4 mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia in via Bellerio.

Matteoli Altero (An). Il ministro dell’Ambiente è indagato a Genova per rivelazione di segreto e favoreggiamento nei confronti dell’ex prefetto di Livorno: lo avrebbe avvertito delle indagini a suo carico sugli abusi edilizi all’isola d’Elba.

Previti Cesare (FI). Condannato due volte in appello, a 5 anni per corruzione del giudice Squillante e a 7 anni per corruzione del giudice Metta nel caso Imi-Sir, è in attesa della Cassazione.

Romano Saverio (Udc). Il sottosegretario al Lavoro, indagato e poi prosciolto nel caso Guttadauro-Cuffaro per mafia e corruzione, è di nuovo sotto inchiesta per concorso esterno dopo le accuse del pentito Francesco Campanella.

Sodano Calogero (Udc). Ex sindaco di Agrigento e ora senatore, ha totalizzato 6 anni di reclusione: 1 anno e 8 mesi definitivi per l’abusivismo edilizio nella Valle dei Templi (abuso d’ufficio); 3 anni e 4 mesi in Tribunale per vari appalti truccati (turbativa d’asta, abuso,falso ideologico e truffa);1 anno in Tribunale per i veleni dell’acquedotto municipale (abuso). È imputato per la sua villa abusiva e per l’appalto dei rifiuti.

Taormina Carlo (FI). Indagato a Torino per calunnia e frode processuale nell’inchiesta sulle impronte false di Cogne.

Vito Alfredo (FI). Ha confessato di aver incassato 22 tangenti, patteggiato 2 anni di reclusione a Napoli e restituito 5 miliardi di lire con l’impegno di abbandonare la politica. Poi è rientrato in Parlamento. E si appresta a tornarci.