L’uragano Ike e Cuba

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E’ triste, ma sono convinto che ci siano molte persone malevole che desiderano che in queste ore ci siano molti morti a Cuba, causati dal nuovo uragano Ike. Quello precedente, Gustav, fronteggiato con uno sforzo senza precedenti, non ne ha causati affatto, nonostante si fosse abbattuto sull’isola nel momento di massima potenza e pur avendo distrutto oltre 100.000 abitazioni.

Sono convinto che ci siano anche alcune altre persone malevole che, al contrario, sperano che questi morti si verifichino negli Stati Uniti, ovviamente tra le fasce più povere della popolazione. In realtà la stragrande maggioranza dei morti causati dagli uragani è haitiano, un paese dall’economia ultraliberista dove lo stesso concetto di protezione civile è del tutto estraneo.

Ignara di chi augura la morte ai cubani, in queste ore, una protezione civile tra le più organizzate al mondo, ha spostato un milione di persone verso l’interno dell’isola PER PRECAUZIONE. Uno sforzo così enorme è stato realizzato perché l’unica cosa che conta è salvare vite umane, senza guardare ai costi né allo sforzo necessario. Un milione di persone rappresenta l’8% dell’intera popolazione di Cuba che viene messo al sicuro con una mobilitazione senza precedenti e con livelli di efficienza insospettabili per un paese descritto continuamente come immobile e al collasso dai media. Gli abitanti sono informati preventivamente minuto per minuto e chiunque viva sulla costa o in zone a rischio viene accompagnato dalla protezione civile e ospitato al sicuro fino al cessato pericolo. Nonostante la forza della natura di un uragano sia incommensurabile, anche questa volta, comunque vada, la protezione civile cubana sarà riuscita a ridurre al minimo i danni alle persone.

Piani così ingenti in Italia li abbiamo solo per un’eventuale eruzione del Vesuvio, e anche in quel caso ci sono persone malevole che si augurano morte e devastazione, lo gridano negli stadi e lo scrivono sui cavalcavia. Comunque i piani ci sono, ed anche se non è detto che l’evacuazione della zona vesuviana e flegrea funzionerà come l’oliatissima macchina della prevenzione cubana è importante che ci sia chi si stia preparando.

Tornando a Cuba, quello che succede per l’ennesima volta in queste ore è una straordinaria dimostrazione di efficienza coniugata con l’umanità e con la solidarietà. Mentre nel resto del centro America e Caraibi, Stati Uniti compresi, i morti si contano spesso a centinaia, a Cuba, che è per i climatologi il posto del mondo più esposto a queste catastrofi, il numero di vittime è sempre limitatissimo proprio a causa di una cultura che mette la prevenzione al primo posto.

Se ci fosse un po’ di equanimità e di onestà intellettuale, qualcuno, anche nei media solitamente critici della Rivoluzione cubana, senza per questo smettere di criticarla, dovrebbe scrivere editoriali per riconoscere lo sforzo titanico di questo popolo e dei risultati raggiunti almeno in questo campo dalla Rivoluzione. Invece stanno zitti.

E stanno zitti per ignoranza, superficialità, disonestà di alcuni, ma soprattutto per il sacro terrore di essere anche solo sfiorati dal dubbio che Cuba non sia l’inferno che sono abituati a descrivere, spesso senza conoscere. A Cuba c’è la censura, ma da noi c’è l’autocensura. Che può essere perfino più dura.