Primarie, chi vince e chi perde

Le elezioni interne sono state un trionfo per l’Unione, forse il primo esperimento di democrazia partecipativa in Italia e davvero i beceri latrati del Polo sono sintomo di una crisi di nervi. Non se lo aspettavano, non ce lo aspettavamo. Milioni, forse decine di milioni di italiani neanche sapevano che esistessero le interne. Eppure almeno il 10% del corpo elettorale e quasi un quarto degli elettori di sinistra sono andati a votare. Nessuno ci ha mandato SMS -come fece Berlusconi per le regionali- eppure 4.300.000 votanti di noi hanno vanificato anche le possibili intrusioni di qualche decina di migliaia di elettori del Polo che pure ci saranno state ma sono ininfluenti sul risultato finale. Dietro la disperazione, dietro i messaggi martellanti che inducono alla non partecipazione, questo popolo ogni tanto, tangentopoli, girotondi, no alla guerra, adesso con le interne batte un colpo e dice di essere un vulcano, al di sopra del quale le cupole di partito non possono considerarsi onnipotenti. Le elezioni interne hanno cambiato tutto ed anche se i partiti continueranno a ballare sopra il vulcano, qualcosa sta cambiando. Proviamo a vedere chi vince e chi perde davvero con queste interne:

DIECI alla partecipazione popolare. Autorevoli istituti avevano valutato un massimo di 1.300.000 elettori e invece sono stati più del triplo. Questo paese che sembra addormentato, offeso, obnubilato, poi d’improvviso si sveglia e sembra perfino più bello.

NOVE all’Ulivo e agli Ulivisti e a quelli che sono stufi delle divisioni a sinistra. Ha ragione Arturo Parisi a dire che il popolo ieri ha scelto di mescolarsi indipendentemente dalle appartenenze. Lo recepiranno mai le cupole di partito?

OTTO a Romano Prodi. Non sarà il massimo, ma è l’unico dirigente del quale nessuno si vergogna quando parla. E’ una sintesi delle diverse anime del centrosinistra e l’investitura popolare è stata così plebiscitaria che i partiti non possono adesso giocare a delegittimare.

SETTE a Clemente Mastella. Ha pianto, ha sbraitato, ha millantato brogli, ha minacciato di uscire, ma il 4.5% va molto oltre il suo presunto bacino di voti e nessuno può negare lo sbilanciamento in favore delle regioni rosse dei seggi. Sarà dura trattare con lui, ma è ineludibile e oggi è un chiaro vincitore delle primarie.

SEI ad Antonio di Pietro. Il molisano ha un radicamento popolare importante nel popolo di sinistra che lo percepisce come uno dei pochi difensori della questione morale di berlingueriana memoria. Sarebbe un eccellente guardasigilli, ma gli apparati non lo permetteranno.

CINQUE a Fausto Bertinotti. Si aspettava il 20%, non è arrivato al 15. Adesso rischia di essere stritolato dai moderati. Non è né carne né pesce, come non è né carne né pesce il suo partito, ed esce con meno potere contrattuale di quello che sperava.

QUATTRO A Ivan Scalfarotto. Ha vinto la lotteria e sarà deputato o forse di più. Ma il nuovo per il nuovo non paga più e il magrissimo 0.6% lo testimonia.

TRE Ai partiti di centro sinistra ed a quei capi (Rutelli in primis) che si abbarbicano alle etichette. Adesso pretendono di appropriarsi di una vittoria non loro. Il popolo italiano ha dimostrato di essere molto oltre e la loro incapacità di capirlo potrebbe rivelarsi una tragedia.

DUE Ai Senzavolto. Sicuramente l’area che rappresentano è molto più amplia dei voti presi dalla Panzino. Sicuramente hanno molte cose da dire, e molte buone ragioni, ma se i loro non li hanno votati è perché non si riconoscevano nelle primarie e nel centro sinistra. Quindi hanno sbagliato a presentarsi.

UNO Ad Alfonso Pecoraro Scanio ed ai verdi italiani. I verdi sono forse il simbolo dell’inadeguatezza dei partiti italiani e il magrissimo 2% lo testimonia. Falliranno anche il quorum al 2% della nuova legge elettorale. Sarebbe la quarta volta consecutiva e perseverare è diabolico. Chi ha il coraggio di dire a Pecoraro che gli italiani hanno già ripetutamente detto che l’ambiente può essere difeso anche senza un partito verde?

ZERO A Berlusconi, al Polo in tutte le sue componenti, da Tajani a Cicchitto, da Gasparri a Schifani. Zero a tutti quelli che hanno ridicolizzato le interne del centro sinistra ed offeso quei quattro milioni e trecentomila italiani che vi hanno preso parte. Non so se quelle risate sguaiate e volgarotte le rivedremo in aprile. La loro stagione sta finendo.