Ma davvero Donald Trump sarebbe un “working class hero”?

_87170064_gettyimages-488226322

(New York) Credo che stia passando un’interpretazione del voto USA fuorviante e pericolosa per la quale Trump si rivelerebbe una sorta di “working class hero”. Vorrei invitare a riflettere su alcune questioni.

Leggo in giro che Bernie Sanders, degnissima persona e con una visione politica moderna e perciò considerato un pericoloso sovversivo, sarebbe stato bloccato da losche manovre dell’establishment in favore di Clinton, altrimenti questi avrebbe sicuramente battuto Trump. Non pensate che le praterie aperte al centro da un candidato ben a sinistra di Obama avrebbero reso incomparabile la situazione? E questo famoso establishment è davvero incarnato solo da Hillary Clinton e solo dal partito democratico come sembrano credere gli elettori di Trump e molti critici da sinistra? Ma davvero i colletti blu del Midwest sarebbero arrivati a Trump da sinistra, perché delusi dal “pd”? E davvero Trump sarebbe un campione anti-globalizzazione e anti-establishment? E se qualcuno lo pensa dovremmo blandirlo dandogli ragione?

Credo sia più ragionevole pensare il contrario e abituarsi a ridefinire gli spazi politici in ragione di ciò. Gli stati industriali dei quali si parla, Ohio, Pennsylvania, Michigan, per tacere della Florida, che pure avevano votato per Obama, negli ultimi trent’anni hanno tutti votato due volte per Reagan, almeno una per Bush padre, alcuni anche per il figlio; altro che roccaforti di sinistra come vengono descritti da analisi miopi o forse più interessate ad incolpare qualcuno (la candidata o il partito) che a cercare di capire.

Sono spezzoni della società occidentale, nel Midwest statunitense come nella fascia pedemontana del Nord Italia o nelle Midlands inglesi o nel Sud-est della Francia, identificabili come la parte più debole del blocco sociale che ha beneficiato e assicurato il consenso al modello economico vigente. In gran parte, oramai abbiamo pacchi di dati, gli elettori di Trump sono uomini, baby-boomers o poco meno. Come chi ha votato la Brexit, spesso non hanno studiato, ma se la sono cavata benino o bene per buona parte della loro vita. Con un’espressione azzeccata, hanno preso “il miglior slot della storia”, e si sono creduti élite senza esserlo, potendo permettersi piccoli lussi anche partendo da lavori subalterni perché c’era chi era più subalterno di loro, ma altrove nel mondo; occhio non vede, cuore non duole. Quando la crisi è arrivata da loro, lungi da mettere in dubbio la loro pretesa centralità, sono slittati verso posizioni xenofobe e di suprematismo bianco, liberi di credere alle balle di Trump o Le Pen o Salvini, in un processo ben più vasto e pericoloso, indipendente dall’insipienza dei centro-sinistra come li abbiamo conosciuti nell’ultimo quarto di secolo.

Questa massa di manovra delle destre viene blandita rappresentandola come vittima dei privilegi concessi ai migranti o di una globalizzazione che dal 2008 morde anche loro, dopo che per decenni ne hanno goduto consumando prodotti confezionati da bambini pakistani o da donne chihuahuensi pagate al mese come loro per un giorno. La festa nel Walmart globale è finita e la colpa sarebbe delle donne di Ciudad Juárez o del tipo salvadoregno che pulisce i bagni del loro bar per un salario di fame? Di fronte a tanta bassezza, alla disinformazione e all’ignoranza crassa che si fa stupidità, all’odio sparso a piene mani verso chi ha la sola colpa di avere più fame, solo la fine imminente del predominio del maschio bianco, che con Trump potrebbe aver vinto una delle ultime partite, può mettere in moto un circolo virtuoso che li metta in condizione di non nuocere. Questo in Italia si declina con la più urgente delle battaglie democratiche: il ripristino del suffragio universale da tempo negato con la cittadinanza, ovvero lo Ius soli subito.

Fin dalle ore successive alle elezioni è iniziata intanto una vasta operazione di ripulitura dell’immagine di Trump, ora che questi andrà alla Casa Bianca. Ma checché ne pensi l’Huffington Post – che dopo averlo apostrofato come razzista per mesi ha pubblicamente deciso che non lo chiamerà più così, ipocriti – anche dalla Casa Bianca Trump resterà un bugiardo matricolato, parafascista, xenofobo, sessista, oltre che espressione di una classe dirigente infinitamente ricca e rapace, che lo ha per un po’ osteggiato per venire rapidamente a patti con lui, così come i suoi elettori restano una manica di reazionari, bigotti, fanatici delle armi e membri del Ku Klux Klan o aspiranti tali con i quali personalmente non andrei a cena.

In conclusione il voto statunitense intercetta un cambio sociale più vasto che ci porta sempre più fuori dal Novecento al quale in troppi sembrano continuare a far riferimento per ogni analisi. Un articolo del Guardian sostiene – in maniera un po’ trita – che il Partito Democratico non rappresenti più la classe operaia. È così, ma prendiamone atto. Ancora per un po’ rappresenterà le minoranze, che però si avviano a non essere più tali. Anche il Partito Repubblicano non rappresenta più le classi dirigenti e lo stesso vale in Europa. Il soggetto tipico della politica novecentesca (la classe, il partito) si rideclina ora su linee diverse, nessuna delle quali ha come obbiettivo ultimo il superamento di questo modello sociale. Il riallineamento è per affinità più che per classe e il conflitto capitale/lavoro è solo una delle variabili tra destra e sinistra con quest’ultima che da mezzo secolo ha trovato un nuovo specifico nel farsi interprete della complessità dei diritti laddove la destra insiste a negarli. Se Obama firma accordi sul clima dai quali Trump recederà, io non sto col partito delle ciminiere, anche se questo crea lavoro qui e ora ma anche cancro e cambio climatico. Gli esempi sono infiniti, a partire dalla divisione pro-life/pro-choice.

Si leggono in queste ore sulle due sponde dell’Oceano, da Zucconi in giù, un mare di compiaciute stupidaggini: Trump sarebbe la rivincita dei carnivori sui vegetariani, del divano sullo yoga, del SUV sulla bicicletta. Dilaga ben oltre il Giornale e Libero, il revanscismo contro l’odiato politicamente corretto. Ne godono, riecheggiando una volta di più il disprezzo per il “culturame” scelbiano, con annesso invito ad autofustigarci.

Cosa dovremmo fare, smettere di differenziare la rumenta perché gli elettori di Trump si scocciano? Diventare un po’ razzisti e plaudere al diritto di espellere dal quartiere chi ha una sfumatura di pelle diversa o usa spezie per cucinare? Condividere la speranza che almeno qualche barcone affondi, altrimenti non siamo in sintonia con la gente per bene dell’Idaho o di Gorino? Concedere che la pena di morte quando ci vuole ci vuole e che in fondo tutti i guai sono cominciati con la parità di genere? Stare – come i bravi blue collar del Midwest – con chi pensa che la salute non sia un diritto e che Obamacare sia un peccato? Andare incontro al disastro ambientale per compiacere chi vuol andare in giro con mostri da un litro di benzina al km? Sommarci alla canea sessista che sta massacrando Hillary Clinton – anche dalla presunta sinistra – con particolare accanimento, ben oltre le sue responsabilità? Farci piacere Trump come sanguigna espressione popolare? E perché non Bossi e Gentilini allora?