Olimpiadi in Cina, dagli al tedoforo!

W300px_0704-mid-protestQuanto è facile farsi pubblicità mondiale e passare per difensore dei diritti umani lavorando un quarto d’ora per intimidire vigliaccamente (ebbene sì, può aver ragione perfino il regime cinese) un ragazzino, una signora, un ginnasta che porta in giro la fiaccola olimpica.

E’ facile e ben pagato, ma l’unico risultato che ottiene è far passare la Cina da vittima avendo cura di non danneggiarne minimamente gli interessi. Intanto le democrazie europee un po’ reprimono, un po’ no le aggressioni ai tedofori e l’opinione pubblica si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità.

Aggredire i tedofori è l’unica cosa che sanno fare questi difensori dei diritti umani a pagamento e da operetta, tra i quali spiccano il torturatore Robert Ménard e i suoi sodali di Reporter senza Frontiere. Come se solo loro fossero preoccupati per il Tibet. Eppure mai e poi mai li vedrete lavorare seriamente sulla Cina e le sue violazioni dei diritti umani o sul neoliberismo reale nelle sue fabbriche. Solo le opportunità per farsi pubblicità sono per loro interessanti, possibilmente in luoghi turistici, come Olimpia o sotto la Tour Eiffel. Si riempono la bocca di Laogai, ma mai e poi mai boicotteranno industrie cinesi come quella tessile o informatica. E soprattutto mai e poi mai li vedrete boicottare le imprese che sui Giochi Olimpici fanno soldi a palate come Nike o Adidas o Reebok. Solo apparentemente danneggiano l’immagine della Cina, ma in realtà si appropriano di una gigantesca photo opportunity, avendo una cura estrema nel non toccarne in alcun modo gli interessi veri, quelli economici.

Ci diranno che impedire con la forza ad un tedoforo di passare, o spegnergli la fiamma, è una buona occasione per attirare l’attenzione del mondo sulla Cina. E’ curioso che siano gli stessi che considerano un atto di terrorismo fischiare un bandito come Giampaolo Pansa. Ci diranno che il tedoforo è un simbolo e ce la presenteranno come una protesta non violenta. Ma anche l’Ambasciata cinese sarebbe un simbolo, e anche gli interessi economici cinesi lo sono, così come gli interessi di chi fa affari in Cina. Comprate computer “China free”, senza alcun componente prodotto in Cina, per esempio! Troppo scomodo, politicamente inopportuno, no? Bisognerebbe far funzionare il cervello. Meglio soffiare sulla torcia. Mezz’ora e poi tutti a bere e a riguardarsi al TG.

Tutto ciò mi ricorda un episodio accaduto a Porto Alegre, durante il Foro Sociale Mondiale 2002, nell’assemblea ristretta che redigeva il documento finale, e alla quale partecipavo. Dal Sud del mondo veniva forte e chiaro un messaggio: a crimine delle multinazionali nel terzo mondo deve corrispondere reazione da parte dei movimenti sociali del primo mondo. Tale reazione deve causare danni economici alle multinazionali stesse attraverso il sistematico boicottaggio delle stesse. A questo ci servite voi movimenti del primo mondo, non ad altro, tantomeno ad insegnarci a vivere.

Tipicamente, se la United Fruit fa ammazzare un sindacalista in Guatemala, o se l’Agip distrugge un ecosistema in Ecuador, dovrebbe vedere sostanziosamente diminuire le proprie vendite a Roma o ad Amburgo fino a che non capisce che non le è redditizio. Io stesso fui relatore di quel punto (sul mio accredito c’era la bandierina uruguayana, ma questa è un’altra storia). Quando terminai di parlare fui circondato e minacciosamente dai francesi di Attac (quelli che volevano salvare il mondo con la Tobin Tax) e da italiani tra i quali ricordo esserci Salvatore Cannavò, oggi deputato e capetto di Sinistra Critica e Christophe Aguiton, che mi disse (testuale) che avrei avuto “sulla coscienza i figli dei proprietari delle multinazionali vittime di attentati”. Poi il punto fu approvato all’unanimità, anche chi mi aveva aggredito alzò la manina. Lo fecero poi scomparire misteriosamente dal documento finale, insieme ad altre 2-3 proposte dei movimenti del Sud del mondo. Avete capito bene: punti proposti dal Sud, e approvati all’unanimità, furono fatti sparire dal documento finale. Si doveva confessare il peccato, ma mai disturbare il peccatore. Lo stesso succede oggi con la Cina e con i tedofori. Invece di coinvolgere la società civile e affrontare il problema di un modello di sviluppo che ha nel DNA le violazioni di diritti umani e civili in Cina e non solo, poche azioni vengono inscenate per rassicurarla facendole credere che un gruppo di presunti avanguardisti le si sostituisce e la rappresenta. Poi i giochi, e gli affari, si faranno lo stesso.

Colpire il tedoforo è dunque solo una scorciatoia in una società dove nulla esiste se non viene mostrato. Ci sono movimenti pacifici che lottano per anni ignorati da tutti e non appena alzano un dito vengono tacciati di terrorismo. Altri che possono permettersi atti aggressivi senza essere stigmatizzati e ricevendo straordinaria visibilità. Eppure non ci sarebbe bisogno delle Olimpiadi per boicottare l’impero del XXI secolo e quello del XX secolo, solo apparentemente avversari ma gemelli siamesi negli affari. E’ sempre tempo di boicottare la Mc Donald o la Coca-Cola o la Samsung o la Lenovo o altri grandi sponsor. Provate a proporre di boicottare la Coca-Cola in quanto foraggiatore delle Olimpiadi a quelli che mettono le manette al posto dei cerchi. Vi diranno che è antidemocratico, violento e forse perfino terrorista. E invece è perfettamente lineare: cara Coca-Cola (o Samsung o Lenovo…) ti boicottiamo perché sponsorizzi i giochi olimpici in Cina, un paese dove violano quotidianamente i diritti umani, civili e sindacali e che tiene sotto occupazione il Tibet. Ti boicottiamo perché fai affari con la Cina e per i tuoi comportamenti sindacali criminali. Sul tema comportamenti sindacali criminali di Coca-Cola chi vuole può farsi facilmente una cultura senza aspettare, perché non succederà, che ne parli il TG1 delle 20.

Ovviamente RSF e altri non boicotteranno mai Coca-Cola (o Samsung o Lenovo…), basta prendersela col tedoforo. Ma c’è di più. Quelli che ho citato sono quelli che (in buona parte in malafede) stanno facendo ammuina sulla Cina, proprio per evitare che della Cina, il grande spauracchio con il quale si sta smantellando il nostro diritto del lavoro, si parli seriamente. Quest’apparente contraddizione tra presunti movimenti per i diritti civili e governi occidentali che li reprimono, ma non troppo, per far passare la fiaccola, è una straordinaria cortina di fumo che serve ad occultare il rapporto perverso con la Cina, il nuovo impero che tutti temono e col quale tutti fanno affari ma che è anche il nuovo modello di sviluppo di riferimento.

Molti in queste ore si sentono coinvolti con le proteste. In buona fede, ma sono migliaia di farisaiche brave persone disposte a scandalizzarsi, costernarsi, indignarsi (e poi rapidamente dimenticare e gettare la spugna con gran dignità) per ogni crisi nel mondo. Chi ricorda l’esercizio autoassolutorio del nastrino rosso dei calciatori in difesa della Birmania? Sembra passato un secolo, non sette mesi. Il paradosso è che tanto più si indignano quanto meno possono farci materialmente. Oggi si scandalizzano per la Cina, pochi mesi fa gli batteva il cuore per la Birmania, pregano tutte le sere per Ingrid Betancourt, ma sono completamente indifferenti alla sorte della Colombia (o del Kurdistan, o dei Saharawi…), che se non ne parla il TG vuol dire che non esiste. E ovviamente si fanno rapidamente una ragione e solidarizzano ben poco per quelle migliaia di esseri umani, migliaia, affogati nel canale di Sicilia in pochi anni.

Affascinante figura quella dei bravi farisei dell’indignazione eterodiretta e schiacciata dal presentismo. Leggono un paio di articoli e prendono partito e, intendiamoci, sono sempre meglio di chi di articoli non ne legge nessuno e semplicemente se ne frega. Ma, parafrasando Ernesto, sono sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa in qualunque parte del mondo. Ma a patto che sia il TG a portargliela in casa e a patto che duri il giusto, non oltre i consigli per gli acquisti e prima che cominci la teleserie.

Sono quella società civile, potenzialmente in grado di ragionare e mobilitarsi, e che potrebbe sistematicamente ed in massa (perché sono tanti) mettere in discussione questo modello di sviluppo, ma che preferisce delegare piuttosto che partecipare. Se si svegliassero ne vedremmo delle belle.

Del resto non sono incoraggiati quando mobilitandosi scoprono di finire gomito a gomito con quelli del complotto sempre e comunque. Quelli che la Cina è vittima di un complotto statunitense/sionista (ovviamente sionista), quelli che il Dalai Lama è un attore di Hollywood, quelli che la stampa mente ma invece l’Agenzia Nuova Cina quella dice sempre la verità, quelli che le violazioni dei diritti umani in Cina sono un’invenzione della CIA e che sempre meglio essere dominati dalla Cina perché tutto è meglio dell’Amerika. Quelli di 10-100-1000 Nassiriya… Saranno in buona fede pure loro, ma… ne ho conosciuti di pajeros