Napolitano censurato a Londra? Chi spiega al mondo il manuale Cencelli e i panini televisivi?

Londra

Quelli dell’Olympic Broadcasting Service devono essere trasecolati quando hanno visto la lettera ufficiale di protesta del CONI per non aver inquadrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la cerimonia d’apertura dei giochi olimpici di Londra 2012. La polemica è tutta italo-italiana ed è meglio evitare di farla trascendere all’estero: non sono in grado di comprendere. La RAI partitocratica, completamente annichilita da SKY in quanto a qualità dei programmi e impossibilitata a competere acquistando diritti di grandissimi eventi come Olimpiadi e mondiali di calcio, fa quel che può e alla sua maniera. Rimedia alla mancanza del campionato spacciando la Coppa Italia per un grande evento, e s’accontenta per le riprese di quella che una volta chiamavamo Eurovisione, visto che non avendo diritti non ha neanche strapuntini per personalizzare le telecronache.

Ma tutto ciò è un dettaglio rispetto alla ormai consustanziale trasformazione del servizio pubblico televisivo in uno strumento funzionale alla politica per piazzare i propri clienti, umiliando professionalità per decenni impeccabili, e per offrire di conseguenza visibilità al gerarca di regime. Ogni singolo evento, dal Festival di Sanremo in giù, è ormai funzionale alla visibilità del politico di turno. L’ultima finale di Coppa Italia (è un esempio) fu un lungo spot per il discusso presidente del Senato Renato Schifani, occupando gran parte dell’intervallo non già con la pubblicità atta a ripagare i costi della partita o con i commenti tecnici sulla gara, ma addirittura con una lunga intervista al politico, tenuta addirittura in un salottino privato allestito alla bisogna. Come nelle dittature l’evento mediatico diviene così solo una cornice funzionale al culto (auto-culto, direi) della personalità del dirigente.

Sono convinto che il presidente Napolitano non stesse a Londra a smaniare un’inquadratura e resti di ben altra pasta rispetto alla maggior parte della casta politica. Ma il burocrate del CONI, addetto al manuale Cencelli delle inquadrature, dev’essere sbiancato in volto quando ha capito che chi ha realizzato le riprese ha mostrato al mondo i vecchietti che sfilavano (la prima metà della delegazione era formata da anziani dirigenti, solo in coda gli atleti) sotto il tricolore e non il vecchietto che li salutava dalla tribuna. Da lì il passo ufficiale di protesta che ha ridicolizzato il CONI e la RAI davanti al mondo. A noi italiani non resta che la nostalgia perfino dell’Andreotti censore che, criticando “Umberto D” di Vittorio De Sica, disse che “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Noi no… noi in mondovisione li laviamo.