Senato, il grande pareggio. Ecco perché sarà ingovernabile

Uno studio Ipr Marketing per Repubblica.it, descrive quattro scenari per il voto di Palazzo Madama. Nella migliore delle ipotesi il Pdl arriva a 160 seggi contro 155

La legge elettorale, con i premi di maggioranza regione per regione renderà molto difficile la vittoria del Pdl. Sa e Udc prendono diversi seggi
di MASSIMO RAZZI

<B>Senato, il grande pareggio<br>Ecco perché sarà ingovernabile</B>

L’aula di Palazzo Madama

ROMA – Un Senato difficilmente governabile. O meglio, un’assemblea di Palazzo Madama in cui il Pdl, nell’ipotesi più favorevole a Berlusconi e Fini, potrebbe raggiungere 160 seggi contro i 155 del complesso delle opposizioni (esclusi i 7 senatori a vita) e avere quindi una maggioranza molto risicata, probabilmente insufficiente a garantire la governabilità del Paese.
E’ quanto emerge da uno studio eseguito da Ipr Marketing per Repubblica.it. sul voto per Palazzo Madama, che tiene conto di un insieme di sondaggi a livello nazionale (realizzati in marzo) corredati da alcuni "focus" sulle regioni in bilico. Ancora una volta, responsabile di tutto, è l’assurdo sistema elettorale che, in una situazione in cui il Pdl, a livello nazionale mantiene un vantaggio del 5% circa, distribuisce seggi e premi di maggioranza regione per regione con il risultato di un sostanziale "pareggio".
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L’altro dato importante riguarda i due partiti intermedi (Sinistra Arcobaleno e Udc) che, in queste ipotesi, conquisterebbero insieme una trentina di seggi finendo per contribuire al formarsi di un’opposizione parlamentare che in tre scenari su quattro supererebbe la maggioranza. Da notare, infine, che in nessuna regione (stiamo sempre parlando del Senato) una delle due coalizioni maggiori arriverebbe a superare quota 55%. Nel 2006 questo era successo in Lombardia, Veneto e Sicilia (per il Polo) e in Emilia, Toscana, Umbria, Basilicata e Calabria (per l’Unione). Ne consegue una situazione in cui, in ciascuna regione, il vincitore prende il 55% dei seggi e i perdenti si dividono il 45% sempre che altri partiti, oltre ai due maggiori, superino la soglia dell’8%.

Quattro scenari. Le ipotesi possibili sono quattro: la prima parte dal presupposto che il Pdl conquisti tutte le regioni in bilico, tranne l’Abruzzo (tenuto dal Pd-Idv); in questo caso, la coalizione guidata da Silvio Berlusconi raggiungerebbe una maggioranza di 5 seggi (160 senatori contro 155 dell’opposizione). Sinistra Arcobaleno e Udc, infatti conquisterebbero senatori in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia (Sinistra Arcobaleno) e Veneto, Marche, Lazio, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia (Udc). Sono le regioni in cui i due partiti si trovano intorno alla soglia dell’8%. D’altra parte, se non riuscissero a superarla, i loro seggi andrebbero, in ciascuna regione, a vantaggio della coalizione sconfitta e non di quella vincitrice. Questo perché, come accennato prima, in nessuna regione qualcuno supera il 55% dei voti.
Gli altri scenari muovono dall’idea che il Partito Democratico-Idv riesca a tenere, oltre all’Abruzzo, anche il Lazio. In questo caso, il complesso dell’opposizione (Pd-Idv, Sa, Udc) pur non essendo ovviamente in grado di formare una maggioranza, avrebbe un vantaggio di 7 seggi (161 contro 154) rendendo di fatto impossibile il governo della coalizione Pdl-Lega-Mpa. Se poi, il raggruppamento di Veltroni fosse in grado di tenere anche in Calabria, l’opposizione arriverebbe addirittura a quota 164 seggi contro i 151 di Berlusconi.
Infine, se al Partito Democratico riuscisse di prevalere anche in Sardegna e Liguria, si arriverebbe addirittura ad una ampia maggioranza per l’opposizione, che potrebbe contare su ben 168 seggi, facendo scendere il Pdl sotto i 150 (147).
Ovviamente, lo studio ritiene più probabile che si verifichi una delle due ipotesi iniziali: o quella in cui il Pdl ha 160 seggi contro 155 o quella in cui ne ha 154 contro 161. Ma anche così si tornerebbe a un Senato poco diverso (a parti invertite) di quello che ha causato la crisi del governo Prodi. Senza contare che la maggioranza dei senatori a vita andrebbe ascritta all’opposizione.
(26 marzo 2008)