Fabio Metitieri

metitieri Resto molto dispiaciuto per la morte di Fabio Metitieri.

Per chi non lo avesse conosciuto era, come ha scritto Vittorio Zambardino, un “intellettuale digitale” che nella Rete si muoveva da quasi vent’anni come un pesce nell’acqua.

Fabio in Rete era un rompicoglioni, un provocatore con una vena di aggressività a volte impraticabile (ci godeva), ma era uno che di Internet ne capiva e che stava nei posti giusti come la storica mailing list Cyber-Rights di ECN. Tra quelli che nella vita si sono deliziati con i modem a 2.400 (circa 3.000 volte –veramente- più lenti dell’ADSL attuale) sono in pochi quelli che non hanno mai incrociato, e quindi litigato, con Yukali.

Eppure, credo di averlo incontrato personalmente un paio di volte nella seconda metà degli anni ‘90 a Torino, in real life Fabio era un persona gentile e altrettanto interessante, del tutto diversa dall’orco che si aggirava per la Rete. E quello che posso dire di Fabio è che, nonostante si fosse spesso in disaccordo, “sempre viva, anche in morte, le persone mai banali”. Flame, flame e ancora flame come stile di vita, ma avendo sempre la precisa cognizione di cosa stessimo parlando e odiando visceralmente i venditori di fumo.

Almeno un suo libro,  Ricerche bibliografiche in Internet. Strumenti e strategie di ricerca, OPAC e biblioteche virtuali, dava, ed era il lontano 1998, la precisa percezione che Internet stava cambiando veramente la nostra maniera di lavorare. Apprendo anche da Vittorio Pasteris che è morto nel giorno stesso dell’uscita di un suo saggio critico del Web 2.0, per i tipi di Laterza, che leggerò senza dubbio. Qualcosa mi dice che non possa essere un caso.

Di Fabio ricordo in particolare la sua lucidità nel farsi espellere per primo da quella sorta di fogna che era “Città Invisibile” (un’associazione che simulava la democrazia elettronica alla metà degli anni ‘90 ma che in realtà era una maniera di alcuni piccoli burocrati dell’allora PDS di cercare di far carriera). Uno come lui non poteva neanche pensare di sottostare a quel simulacro, a quella scatola vuota per far pubblicità a degli squallidi apparatnik sovietici, che negava nella pratica quello che dichiarava in teoria: il perseguire il mito della democrazia digitale.

Dopo Fabio, in maniera quasi rituale, ci sottoponemmo in tre (Giuseppina Manera, Nello Margiotta ed io) a quella che era una vera e propria purga stalinista con tanto di fucilazione e damnatio memoriae. Fabio però ha continuato a parlare e a far parlare di sé in tutti questi anni mentre dei burocratini stalinisti di Città Invisibili che nulla avevano da dare a Internet si è persa la memoria.

Se nello sport si ritirano le maglie dei campioni vorrei che fosse possibile in Internet ritirare Yukali, il nick di Fabio!