Terrorismo di Stato in Colombia: scoppia lo scandalo dei falsi positivi

falsospositivos L’abitudine dell’esercito colombiano di prendere inermi contadini (almeno 1.157 in cinque anni, 2.000 secondo le ONG), ammazzarli e da morti farli passare per guerriglieri delle FARC per rispettare gli obbiettivi di produttività (sic) voluti dagli Stati Uniti ed incassare così i soldi del Plan Colombia, arriva finalmente in prima pagina e chiama in causa Álvaro Uribe.

Miller Andrés Blandón era un ex-tossicodipendente che si guadagnava da vivere in un parco pubblico facendo la statua umana. Un giorno a lui e altre persone che vivevano nel parco, fu offerto un lavoro come raccoglitore di caffè. Accettò, insieme ad altri due.

Il giorno dopo i giornali locali annunciarono un nuovo trionfo per l’esercito di Álvaro Uribe nella lotta al terrorismo: la morte in combattimento di tre guerriglieri, Miller Andrés Blandón e i due clochard senza nome.

Edison de Jesús Alzate Pulgarín, e i fratelli Héctor e Hernán Darío Ospina Rodríguez erano contadini del dipartimento di Cordoba, in Colombia. Il 20 giugno 2007, li hanno presi, li hanno ammazzati, gli hanno messo addosso una divisa e li hanno fatti passare per guerriglieri delle FARC. Ieri il tenente dell’esercito colombiano Juan Carlos Sarmiento Rojas è stato arrestato, incriminato per la strage dei tre contadini. Nelle ultime due settimane le inchieste della magistratura e l’incessante lavoro delle ONG per la difesa dei diritti umani ha portato a che almeno 40 militari sono stati destituiti per l’uccisione di innocenti e almeno 3.000 sono incriminati.

Tra questi vi è anche l’ex capo di stato maggiore, Mario Montoya, famoso in tutto il mondo come il liberatore di Ingrid Betancourt e dimissionario tre settimane fa.
Di fronte all’evidenza del continuo uscire di nuove terribili rivelazioni che mettono in dubbio tutti i presunti successi del governo Uribe nella “guerra al terrorismo” l’unica strategia del governo è quella di chiedere perdono. Il vicepresidente Francisco Santos è stato costretto ad ammettere l’implicazione dell’esercito nei casi di omicidi extragiudiziali, chiamati “falsi positivi”: “provo vergogna per questa situazione. Chiedo perdono alle vittime e prometto che nessuno di questi crimini resterà impunito”.

Per Iván Cepeda, coordinatore del Movimento delle vittime del terrorismo di Stato, le parole di Santos sono solo formali di fronte all’esplodere dello scandalo: “Non c’è nessuna volontà trasparente di cambiare la politica di violazione sistematica dei diritti umani in Colombia. Da anni denunciamo i falsi positivi e quando lo facciamo il governo ci accusa di essere fiancheggiatori della guerriglia e di volere solo screditare la politica di sicurezza”. Oggi lo scandalo arriva ai massimi livelli. E’ infatti il presidente Uribe a concedere ricompense economiche a chi denuncia in forma anonima (presunti) guerriglieri e a concedere all’esercito, ai singoli ufficiali e alla truppa, degli incentivi economici sulla base del numero di (presunti) guerriglieri uccisi. Ovviamente per i soldati è meno rischioso uccidere contadini inermi che guerriglieri armati tanto che il procuratore generale della Repubblica, Mario Iguarán Arana denuncia che in Colombia sia stato instaurato un vero e proprio “commercio di morti”.
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Sui media cartacei italiani l’unico che si è occupato di una delle più terribili storie di violazione dei diritti umani in Colombia è stato “Latinoamerica” (1) . Tutti gli altri media hanno scelto di censurare/non vedere la notizia agghiacciante che l’esercito colombiano ha ammazzato da quando Uribe è presidente almeno 1.157 persone (soprattutto contadini) innocenti solo per fare numero e rispettare quanto pattuito con l’esercito statunitense in merito alla lotta alla guerriglia. Adesso che il tema è sulle prime pagine dei giornali colombiani e che già 40 militari sono stati destituiti i media mainstream continuano ad ignorarlo, dimostrando una volta di più che il loro interesse per i diritti umani è quanto mai elastico.

(1) Cfr. G. Carotenuto, Il trucco cinico del presidente: campesinos da vivi, guerriglieri da morti, in “Latinoamerica”, 2008, n. 102-103, pp. 77-79.