Parigi, a 70 anni dal 18 giugno

AppelGalDeGaulle18juin40-9cb58Domenica, attirato da intensissime campagne pubblicitarie in tutta Parigi, sono stato agli Invalides a vedere la presunta mostra “Charles De Gaulle e la Francia libera” nel settantesimo anniversario del discorso da Londra del 18 giugno 1940, probabilmente l’ultimo grande discorso politico della storia del quale non è stata conservata una registrazione.

La mostra in realtà non esiste, è poco più di un bluff, ci sono alcuni pannelli inseriti all’interno del normale percorso del museo militare. E vista l’onnipresenza della croce di Lorena i curatori si sono ritenuti in dovere di aggiungere la curiosa addenda di un invito a chi volesse sapere di più di Resistenza e deportazioni a visitare i musei appositi. Peccato, ma l’attraversare la città non è stato senza costrutto.

Nei sotterranei ho potuto infatti scoprire l’ “Historial Charles de Gaulle”, che ancora non conoscevo, che si autodefinisce “un monumento audiovisuale” e che, non fosse per l’assenza della tomba, è un vero e proprio mausoleo gollista. Inaugurato da Nicolas Sarkozy nel 2008 in 2.500 metri quadrati è bello, tecnologicamente evolutissimo, didatticamente fantastico, orgiastico nella quantità di foto e audiovisuali del generale.

Se l’intero plesso è storicamente strutturato intorno a Luigi XIV, Napoleone, De Gaulle come “grandi uomini” emblematici della storia francese il mausoleo sembra configurare una spasmodica ricerca, storiograficamente retrò ma con un senso politico chiaro, di costruzione sarkoziana di un secondo Napoleone celebrato proprio sotto la Tomba del primo.

Napoleone o meno, saranno una vittoria postuma del generale (ma anche di Zarkò?) quelle centinaia di ragazze e ragazzi che sciamano vestiti con i colori dell’Algeria per andare alla partita?

Sabato avevo invece visitato all’Hotel de Ville la mostra fotografica di Amnesty International intitolata “dignità” incentrata sui diritti umani violati in vari angoli del mondo ritratti dai fotografi dell’agenzia Oeil public. Non male alcune foto, soprattutto quelle nigeriane, a mio modo di vedere. Sorprendente e secondo me (lo segnalo da tempo) pericoloso lo slittamento semantico del concetto di diritti umani, soprattutto per Amnesty.

Lo specifico di AI è denunciare che Ahmed è detenuto senza processo in un carcere del Cairo o che Pablo è stato torturato a Bogotà. Inserire (frullare?) nella storia di Amnesty e nella maniera con la quale da decenni Amnesty ha difeso i diritti umani, le lotte per la casa in Nigeria, quelle per l’ambiente in India o le vittime della violenza dei (para)militari in Messico o i Rom senza documenti d’identità in Macedonia, lascia perplessi. Il dibattito è ben più ampio ma anche visivamente se tutto è “diritto umano” allora niente è “diritto umano”.

Infine lunedì sono tornato a Porte Dorée al Museo dell’immigrazione per la bella mostra sul calcio e sul contributo degli immigrati al calcio francese, da Raymond Kopa(szewsky) a Zinedine Zidane. Di nuovo: fantastico uso delle tecnologie audiovisuali, uno straordinario spazio espositivo e strumento didattico e un cocciutissimo sforzo di dimostrare come l’integrazione sia l’unico percorso possibile. Appena inaugurato, merita. C’è tempo fino ad ottobre.