Immaginate di non potere accedere al vostro account Facebook e che su Twitter non appaia neanche il balenottero di quando è busy. Immaginate che non si possa fare una ricerca in Google né controllare l’account Gmail. Non funziona Wikipedia (e tutti i soldi che gli abbiamo mandato?) e non è neanche possibile acquistare un libro su Amazon. Nemmeno, giusto per passare il tempo, si può vedere un video su YouTube. Un incubo? Un film catastrofista? Il medioevo prossimo venturo che è un po’ uguale al nostro passato prossimo?
Semplicemente è una serrata (lo sciopero è un’altra cosa, attenti) proclamata per il 23 gennaio 2012 dalle principali imprese che operano in Internet contro l’approvazione della legge antipirateria statunitense nota come “Stop Online Piracy Act” calendarizzata a Washington il giorno dopo e presentata dal deputato texano Lamar Smith. La legge colpisce il business Internet dove più duole, sanzionando i siti dove dovessero essere depositati dagli utenti contenuti illegali con l’inserimento in una lista nera che bloccherebbe ogni attività a pagamento e gli stessi pagamenti elettronici e impedendo l’inserimento di pubblicità. La lobby internettara, non già le vecchie organizzazioni per i Cyberrights ma il grosso del business della Rete, riunita nella Net Coalition, sfida così la politica e l’altra potente lobby, quella dei diritti d’autore. La libertà in Rete resta un punto fermo ma star dalla parte di Zuzù il padrone di Facebook sta un po’ stretto.
Gennaro Carotenuto