L’ “inferno delle tendopoli” da un altro punto di vista: una realtà di emergenza, un’organizzazione difficile

Condivido alcune riflessioni di un amico che ha aiutato direttamente a strutturare e organizzare una delle tendopoli, a proposito del dibattito sul terremoto ed in particolare della lettera di denuncia pubblicata in Giornalismo Partecipativo qui.

di Vittorio Artoni

Si sarebbe potuto fare molto più e molto meglio di un governo di pagliacci come quello di Berlusconi? Sicuro. E’ necessario stare attenti perchè la ricostruzione della provincia dell’Aquila se la stanno già spartendo i maggiori clan mafiosi italiani? Sicurissimo anche questo.

Ma caliamoci davvero nella situazione, in cosa è successo, cosa sta succedendo e cosa succederà. Una città rasa al suolo non si può nemmeno pensare che sia una sorta di Eden. I problemi ci sono e ne sorgono ogni giorno di nuovi ed impensabili. Volontari, militari e operatori del ministero sono chiamati a tamponare il più possibile l’emergenza, ma forse questa è soprattutto un’occasione per riflettere (a destra, a sinistra e tra radical chic-pseudo-ecolo) che la forza della natura batte ancora l’uomo con un 3-0 netto…e spesso non ci rendiamo conto di questa nostra inferiorità! Ma così è!

E’ strano pensarlo nella modernissima Italia, è impossibile viverlo per chi fino al 5 aprile viveva tra uno schermo al plasma, i culi delle veline e le partite della serie A la domenica come, che ci piaccia o no, vive qualunque altro italiano medio. Non è così impensabile che comincino le epidemie. Vivere in 1500 in un campo da calcio comporta evidenti rischi. Stiamoci attenti ma… Che sia il prezzo di poter aver una tenda sopra la testa?

Stesso discorso per il caldo insopportabile in tenda. L”Aquila ha lo stesso clima (e altitudine) di Aosta. Il 21 aprile nevicava, a dicembre si va sotto di 20 gradi. Sarò cinico, ma nella sfiga, il terremoto è arrivato all’affacciarsi dell’estate e questa è una grande fortuna! Che vecchi e bambini non superino l’estate mi pare davvero catastrofistica come cosa. E poi sì, nelle tendopoli si muore di noia, è vero, ma è una tendopoli, c’è stata una catastrofe davvero immensa. All’aspetto ludico-ricreativo ci si pensa, laggiù nei campi, ma pare ovvio che non sia la priorità!

I campi sono pieni di droga, anche questo è vero. Ma che falsa indignazione è questa? Nella piazza sotto casa nostra non c’è? Scopriamo solo ora che “la meglio gioventù” italo-occidentale del 2000 tira cocaina in quantità semplicemente preoccupanti? I ragazzi (venti-trentenni) che sono costretti nelle tendopoli prendono la macchina, in un’ora e mezzo sono a Roma, in due e mezzo a Rimini, vanno a “rifornirsi” e tornano con ogni tipo di droga per… vivere la loro abituale quotidianità. E’ forse più grave che lo facciano ora in tendopoli piuttosto che prima dentro e fuori dalle discoteche o nelle piazzette dei paesi? Mi sembra un’analisi sociologica un po’ ipocrita e fuori luogo.

I campi sono militarizzati, è vero pure questo… meno male! Chiunque sa che la tecnologia più avanzata arriva nel campo militare con almeno una ventina d’anni d’anticipo su quello civile. E’ così fin dall’Impero Romano, quindi anche questa, che denuncia sociale è? Grazie al cielo la tecnologia bellica è stata messa a disposizione dei civili. Io mi sono trovato a scavare buche di raccolta acqua per 10 ore di fila per evitare l’allagamento del campo, il tutto con zappa e piccone portati dalle casse materiali degli scout di mezza italia. Il giorno dopo pioveva il doppio ma è arrivato il genio militare con un escavatore meccanco e tre idrovore (o idropompe): ciò che ho fatto (rompendomi la schiena) in dieci ore loro l’hanno fatto in mezz’ora (schiacciando 3 o 4 pulsanti). Qiundi ben vengano i militari mi vien da dire. Oltre al dispiegamento di uomini comunque sia pagati che solitamente o stanno in una caserma ad addestrarsi per un’ipotetica guerra o vengono mandati in giro per le città contro rom e spacciatori dall’asse La Russa-Maroni… insomma, forse per una volta si può dire che l’esercito serva a qualcosa!

Nei campi le macchine fotografiche e i giornalisti sono i nemici numero uno. Calcoliamo che per le prime due settimane paparazzi di ogni sorta si assiepavano nei campi per fotografare “la tragedia” sballottando anziani malconci e ricreando sfondi spettrali per far salire le quotazioni delle loro foto. Oltre alla “caccia allo scatto del bambino”: le foto di bambini per giornali come “Chi”, “Gente”, “Oggi” ecc sono ambitissime, ma vietitissime dalle leggi anti-pedofilia. Insomma io stesso mi sono trovato a cacciare a calci in culo (nemmeno troppo metaforici) fotografi dagli spazi kindergarden e ludoteca. I nervi già sono a fior di pelle e gli operatori non hanno modo di sapere quale destinazione avranno le foto scattate. Non è semplice come cosa!

I capi campo lasciano poco spazio alla democrazia ed al coinvolgimento dei cittadini. Altra cosa vera, ma resta, ancora una volta, una situazione di emergenza e non un gioco! Nella tendopoli di Coppito il capo campo ha imposto un massimo di alimenti da poter distribuire ai non residenti al campo (ossia coloro che si sono piantati la tenda in giardino perchè non si sentivano di abbandonare la propria casa, ma che non hanno cibo) e l’impossibilità di scegliere gli abiti distribuiti (una sorta di “ti prendi ciò che capita”). Questo è accaduto dopo che alcune persone sono venute a prendersi decine di chili di pasta e scelti gli abiti migliori per poi andare a rivendere nel “mercato nero post-terremoto”. E’ squallido? Lo so. Ma questo è ciò che accade e come si fa fronteggiarlo senza una politica ferma e forse sì un po’ poco democratica!

Stesso discorso per gli abitanti coinvolti nelle attività di gestione del campo. A Coppito c’era una faida tra famiglie e abbiamo cacciato dalle corvé un signore che si era amorevolmente messo a disposizione della distribuzione pasti in mensa (a propisto: a Coppitto si mangia bene, davvero bene!). Il signore distribuiva piattoni a quelli della “sua fazione” e dieci maccheroni di numero a coloro che facevano parte di quella avversa: stava scoppiando la guerra! Così si è deciso di eliminare gran parte delle collaborazione degli abitanti in cucina, mensa e distribuzione materiali: non si poteva far altrimenti.

Alla fine sì, credo anche io che il G8 sarà un macello, una tortura. Per 10-15 giorni si penserà solo a 8 stronzi e ci si dimenticherà dei 55 000 Abruzzesi e questo è folle. Pare che sia tattica la scelta del G8 a L’Aquila (per fare solo un esempio: il solo ospedale da campo completamente attrezzato della protezione civile sarebbe dovuto finire alla Maddalena come parte dell’organizzazione del G8),  ma non per questo sarà una scelta indolore per la popolazione e di conseguenza corretta. L’alternativa poteva essere rinunciare all’organizzazione del G8 e chidere, in via eccezionale, che uno degli altri 7 se ne accollasse l’organizzazione, per cause di forza maggiore. Ma l’orgoglio…

La presenza di Casa Pound è preoccupante e andrebbe arginata. Putroppo qualunque associazione in grado di prestare soccorso strutturale e materiale è rientrata nel piano della Protezione Civile e i fasci hanno colto l’occasione. Con il passare del tempo e dell’emergenza credo sia giusto preoccuparsi di questa cosa e trovare il modo di buttarli fuori, perchè della loro propaganda non c’è proprio bisogno!

Credo che intorno a questo avvenimento si stia facendo davvero tanta retorica e che ognuno tiri il terremoto dalla sua parte. Ma non è una cosa fattibile, il terremoto è il terremoto, è una tragedia edifficilmente la si può  leggere diversamente. Si regredisce di 8 secoli? ma pure di più! insomma si passa da case con cancelli automatizzati e scomode tende, mi pare evidente come cosa! Teniamo viva l’attenzione e pure la polemica, ma che sia costruttiva e non strumentale. Fissiamo delle priorità, ma che siano quelle di uno stato di emergenza e non quelle della nostra vita quotidiana e pure un po’ agiata.