Portella della Ginestra

Tratto dal blog per Rita Borsellino presidente.

Portella della ginestra è un colle fra i monti Palavet e Kumeta, nella Sicilia della minoranza albanese e unisce Piana degli Albanesi a San Giuseppe Jato. Da questi due paesi e da San Cipiriello salgono il 1° maggio del ’47, come ogni anno i contadini: vengono al sasso di Barbato, la pietra su cui il socialista Barbato saliva per arringare i contadini negli anni dei ?fasci siciliani? delle lotte contadine. E’ una festa tradizionale che non si è interrotta neppure negli anni del fascismo: i contadini ascoltano i discorsi commemorativi e poi si spargono per i prati a mangiar pane e olive, ad ascoltare i cantastorie, le bande musicali. Quel 1o maggio del ’47 c’è ad attenderli fra le rocce sovrastanti il colle, un gruppo di uomini con le armi in pugno, il bandito Salvatore Giuliano e i suoi compagni, irretiti in gioco politico più grande di loro, il gioco del separatismo siciliano, alleato con gli agrari dell’isola che li ha indotti a compiere la strage promettendo impunità per i delitti e ricompense. ?E’ venuta l’ora della nostra libertà?, dice il bandito Giuliano ai suoi compagni pochi minuti prima di aprire il fuoco. Nessuno vede i banditi che sparano, sulle prime molti non capiscono neppure che si spara; un fuoco improvviso, incomprensibile, che scende dalla montagna come una maledizione. Poi è le fuga a perdifiato, giù per i prati: uomini, donne, bambini, muli,cani, travolti dalla paura: la scena che sarà ricostruita nel film di Rosi: i figli della miseria meridionale contro i figli della miseria. Dieci morti, trenta feriti. E non è finita. Il 22 giugno un auto con cinque banditi, fra cui Giuliano, arriva a tarda sera nell’abitato di Carini: la sede del PCI viene incendiata; poi vanno a Partitico, aprono il fuoco contro i contadini che stanno che stanno davanti il circolo del partito, i morti sono quattro, sette i feriti; intanto altri banditi hanno attaccato la Camera del lavoro di Monreale e quella di Borghetto. Salvatore Giuliano e i suoi non tarderanno a capire di essere stati giocati dalla mafia e dagli agrari e Giuliano, in una lettera a La voce di Sicilia, si dichiarerà 2amatore dei poveri e nemico dei ricchi?, invocando contro coloro che lo hanno tradito addirittura la bomba atomica. Ma anche senza Giuliano l’offensiva contro il movimento contadino prosegue: il 10 marzo viene sequestrato a Corleone il segretario della Federterra, Placido Rizzotto: le sue ossa saranno trovate due anni dopo nel feudo Casale ai piedi del monte Busambra; il 2 aprile del ’48 tocca a Calogero Cangelosi, dirigente contadino di Camporeale: sparano su di lui e su quattro suoi compagni, lui muore, altri due sono feriti. Alla vigilia delle elezioni del ’48 Giuliano viene di nuovo usato dalla destra agraria: firma un manifesto anticomunista. La ricompensa è una sorta di impunità. La stampa conservatrice dell’isola lo descrive in toni romanici; polizia e carabinieri non lo disturbano più di tanto, si ha l’impressione che le operazioni di pattugliamento gli vengano comunicate in anticipo. Bisogna terrorizzare il movimento contadino, rendere vano il grande successo elettorale delle sinistre e continuare nelle antiche spartizioni: la mafia che controlla l’irrigazione, i trasporti, i mercati; gli agrari che conservano il dominio nelle campagne. I cambio i governi moderati avranno i voti che la struttura isolana del potere convogli e dirige.
* Giorgio Bocca “Storia della Repubblica”