Cosa cambia con l’arrivo di Barak Obama in Medio Oriente?

Cosa cambia con l’arrivo di Barak Obama? Per Hamas guarda alla crisi con gli "occhi di Israele". Ma il neo presidente sceglie anche un rappresentante speciale, George Mitchell (nella foto), che è in realtà una piccola svolta polItica

Junko Terao

Sabato 24 Gennaio 2009

“Un inzio infelice” quello di Barack Obama rispetto alla questione mediorientale. Il commento è di Hamas che, per voce del suo rappresentante in Libano, Osama Hamdan, ha anche aggiunto che “l’impressione è che stia cercando di commettere gli stessi errori di Bush che hanno portato all’esplosione della regione”. Obama, che ieri ha nominato George Mitchell inviato speciale per il Medio Oriente – scelta che Israele e Autorità nazionale palestinese hanno accolto con favore –, nell’auspicare un cessate il fuoco duraturo, ha ribadito il diritto di Israele a difendersi dal lancio di razzi da parte di Hamas. Una frase che non è piaciuta all’organizzazione islamista, secondo cui Obama e gli Usa guardano alla situazione “con gli occhi di Israele”.

Nel frattempo, da Gaza, delegati di Hamas partivano alla volta del Cairo per nuovi colloqui con governo egiziano: al centro delle trattative diplomatiche, la riapertura dei valichi della Striscia. Proprio ieri la polizia egiziana ha iniziato una serie di perquisizioni nell’area di confine con Gaza, a Rafah, scovando alcuni dei numerosi tunnel che collegano la Striscia con l’esterno, e attraverso cui passano tutt’ora armi e munizioni. Per tentare di bloccare il contrabbando, il Cairo rafforzerà con 1500 uomini in più la propria presenza militare al confine con la Striscia. Allo stesso tempo, però, ieri l’ambasciatore egiziano Mukhlis Qutub, Segretario generale del Consiglio nazionale per i diritti umani, ha fatto sapere di avere le prove dell’esistenza di un traffico di armi tra Israele e Gaza. Si tratterebbe di armi provenienti dai depositi di Tasahal, vendute ai palestinesi da soldati israeliani. E a proposito di valichi, ieri, finalmente, Israele ha dato il via libera all’ingresso di operatori di soccorso internazionali nella Striscia, togliendo un divieto in vigore dal novembre scorso. Una decisione attesa –anche una task force italiana è in partenza – data l’urgenza degli interventi. L’alto ufficiale per gli affari umanitari dell’Onu, John Holmes, dopo aver visitato Gaza si è detto “scioccato dalla natura sistematica della distruzione”, che ha “riportato indietro di anni l’attività economica della Striscia”. Secondo un altro ufficiale Onu, il direttore dell’Agenzia per i rifugiati palestinesi, John Ging, l’operazione Piombo fuso ha colpito più le infrastrutture e le industrie che le basi terroristiche. Una dichiarazione che arriva proprio nel giorno in cui un colonnello di Tsahal, Herzi Halevi, rilascia dichiarazioni sul “pieno successo delle operazioni”. Un successo che, secondo gli ultimi sondaggi, non pagherà il governo isrealiano uscente. Pare, infatti, che il vantaggio in vista delle imminenti elezioni sia ancora nelle mani dell’opposizione di destra e del suo leader Benjamin Nethanyahu.

Le autorita’ palestinesi e di Israele hanno hanno accolto di buon grado la nomina dell’ex senatore George Mitchell come nuovo inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente. Fu il rapporto Mitchell, dopo la seconda Intifada, ad aprire la strada alla Road Map anche se poi il senatore venne messo in disparte. Secondo gli osservatori, proprio questa scelta di Obama indica una svolta.