Egitto: tutte le elezioni sospese per due anni

Ma non dovevamo esportare la democrazia? Invece la dittatura egiziana ha posposto di due anni le elezioni amministrative che si sarebbero dovute tenere in primavera.

La notizia è ovviamente passata sotto silenzio in un’Italia occupata com’è nella sua campagna elettorale sempre più violenta, volgare, inutile. Eppure quella egiziana è una notizia grave e significativa. Grave perché esprime  nella maniera più chiara l’istinto di sopravvivenza della dittatura fondomonetarista di Hosni Mubarak. Questo nelle scorse elezioni parlamentari aveva visto moltiplicare per sei i seggi dei “Fratelli Musulmani”, formalmente illegali. Tale dato è ampiamente drogato da brogli e violenze governative.

Oggi, con la sospensione (un annullamento mascherato) delle imminenti elezioni amministrative, c’è la svolta. Nonostante i paesi occidentali avessero indicato nel processo elettorale egiziano uno dei più straordinari (sic!) risultati della strage irachena, la macchina indietro egiziana palesa la pretestuosità dell’esportazione della democrazia bushiana. Qualcuno ne dovrebbe parlare, discuterne, anche nella nostra campagna elettorale, su che diavolo fanno i nostri soldati in Iraq, per esempio, visto che nel paese chiave del Medio Oriente si prospetta con sempre più probabilità uno scenario algerino.

I “Fratelli Musulmani” rappresentano l’opzione islamista moderata rispetto alla jihad così come il FIS (Fronte Islamico di Salvezza) lo rappresentava in Algeria quando vinse democraticamente le elezioni nel 1992. Il colpo di stato che ne seguì (appoggiato dai paesi occidentali con la Francia in prima linea) scatenò la guerra civile. Ma una guerra civile in Egitto farebbe esplodere tutto il Medio Oriente e che voleva “esportare la democrazia” oggi con “l’amico dittatore” Mubarak sta giocando col fuoco.