Violenza sessuale e impotenza culturale dello stato

In pochi giorni tre casi sconvolgenti di violenza di genere sono emersi nel solo Norditalia che si considera non solo ricco ma anche civile. Sono tutti casi che dimostrano l’insipienza, incompetenza, incapacità, inabilità ma soprattutto il limite culturale che manifestano le strutture sociali e lo stato stesso per agire in casi come questi.

C’è il caso della donna risvegliatasi dal coma che indica nel marito chi l’ha ridotta in fin di vita abbandonandola come morta sul ciglio della strada per far credere ad una rapina. C’è il caso della ragazza morta al pronto soccorso dove il convivente l’aveva accompagnata spiegando che si trattava di un malore ed essendo creduto da (quasi) tutti per molti giorni, tanto da restare a piede libero. Sono passati infatti vari giorni fino a che l’autopsia non ha stabilito che la ragazza era stata ammazzata di botte. L’episodio è particolarmente repellente perché negli ospedali non ci sono solo i medici, che pure dovrebbero saper distinguere tra botte e malori, ma c’è anche un posto di polizia obbligatorio che dovrebbe intervenire in questi casi. L’uomo è rimasto per giorni a casa sua. Non è fuggito perché era certo di essere stato creduto e che la morte della sventurata passasse come morte naturale.

L’unico caso che è arrivato agli onori della cronaca è quello della ragazza di Biella (nella foto) riempita di coltellate e poi investita ed uccisa dall’uomo che la perseguitava da 11 anni, che l’aveva già stuprata più volte -la prima quando aveva appena 14 anni- e per questo aveva già fatto tre anni di galera. Se sono molti o pochi non è interessante. La questione è che, di fronte al continuare di denunce sicuramente fondate da parte della vittima, lo stato non è stato capace di mettere il criminale (o folle che sia) in condizione di non ripetere il crimine e di non rendere un lungo incubo verso la morte la vita della ragazza.

La cosa che più colpisce è infatti che in tutti e tre i casi le tre vittime avevano già denunciato ripetutamente i loro assassini e che questi erano stati già condannati o almeno incriminati.

Com’è possibile che l’assassino di una ragazza ammazzata di botte venga creduto quando, di fronte al corpo della vittima, sostiene che si tratta solo di un malore? Com’è possibile che una ragazza per 11 anni denunci di essere perseguitata da un criminale e che questo sia lasciato in condizione di ucciderla?

Tutto in poche ore nel nord d’italia che si considera civile, più civile. Le brevi notizie su questi fatti spariscono in poche ore dai giornali. Come potranno mai, le donne irachene che da due anni disperatamente cercano di fare sapere che lo stupro da parte degli invasori è sistematico, a fare arrivare la notizia alla nostra opinione pubblica narcotizzata?