Se i 43 di Ayotzinapa li ha uccisi Peña Nieto

Pena-Nieto-Death-Ayotzinapa

Ad alcuni sarà capitato di ascoltare ieri il servizio RAI di Giovanna Botteri che parlava dei 43 di #Ayotzinapa come “uccisi dalla polizia di Peña Nieto”. Si gelava il sangue. Neanche il più ingenuo dei militanti sociali, neanche il più ubriaco dei complottisti, può fare il triplo salto mortale carpiato che si è concesso nostra signora delle lacrime: “la polizia di Peña Nieto”. Riuscite solo a immaginare il declinare la stessa frase per un governante del Nord del mondo? “Ucciso dalla polizia di Obama”, “ucciso dalla polizia di Hollande”, ‘ucciso dalla polizia di Renzi”; sentite come suona irreale fino al ridicolo questa catena di comando?

Mancano gli elementi di base (stato federale, polizie locali…) per capire le realtà che si pretende di narrare e ciò si accompagna alla presunzione mainstream che tutto si possa appiattire per un pubblico per definizione bue. La corda da toccare è quella della commozione per un destino crudele ma inevitabile per questo Sud del mondo destinato a claudicare per sempre. La corda della commozione è sufficiente a far compitare un ‘poveri ragazzi’ o un ‘in Messico è sempre stato così’, senza spiegare, senza far capire e soprattutto senza scuotere coscienze né pregiudizi radicati.

I cittadini spettatori/lettori, essendo considerati incapaci di percepire qualunque tipo di complessità, vanno prima terrorizzati con la rappresentazione del caos al di fuori delle nostre mura e quindi tranquillizzati dall’eterna riproposizione di satrapie terzomondiste dove non si muove foglia senza che il Supremo (Roa Bastos) non voglia ma che lì restano confinate: da noi non sarebbe possibile. Dall’insipienza del mainstream tocca difendere perfino Peña Nieto, il peggiore.