Se Papa Francesco non è di destra che faranno gli atei devoti?

Dell’intervista concessa da Jorge Bergoglio ad Antonio Spadaro di “Civiltà cattolica”, in tutto il mondo non sorprendono le parole di tolleranza (non di apertura come in un semplificazionismo da terza elementare molti scrivono) verso omosessuali, divorziati e donne che hanno abortito che sono in prima pagina in Italia, ma fa notizia quel suo affermare di non essere mai stato di destra che invece in Italia -chissà perché- trova ben poco spazio. Come se violasse la par condicio e danneggiasse gli impresentabili della nostra destra, era già successo con lo schiaffo di Lampedusa che metteva al primo posto i migranti, gli ultimi, i diseredati. I media digerirono Lampedusa con qualche salto mortale, parlandone il meno possibile e svicolando dall’accusa precisa che conteneva verso le nostre classi dirigenti. Edulcorare, sopire, troncare, anche il papa se necessario, come durante il fascismo, a questo serve il mainstream.

Il quotidiano conservatore francese “Le Figaro” (foto) è uno tra i molti giornali di primo piano al mondo che sul “papa non di destra” vi aprono il giornale. “Le Figaro” fa il proprio mestiere e dimostra di non aver paura di non poter automaticamente iscrivere il papa (e di conseguenza dio) nelle file del proprio schieramento. Così quel «non sono mai stato di destra» che trova unanime interesse nel mondo diviene indicibile in Italia, scomodo, magari da affiancare per par condicio da un altro papa (ci sarebbe pure…) che invece dichiari qualcosa come «sono sempre stato di destra».

Ci sono almeno tre motivi per edulcorare le parole del papa, e tutti fotografano una volta di più l’arretratezza del dibattito italiano non sui temi eticamente sensibili ma su quello che è divenuto il vero tabù dei nostri tempi, la laicità dello stato e la capacità di avere un dibattito adulto con l’altra sponda del Tevere. In assenza di politici, cattolici o laici, con la schiena dritta, dev’essere il Vaticano a ridare allo stato laico l’agibilità politica perduta durante la cosiddetta Seconda Repubblica?

1) Il dire «non sono di destra» (non interessa affatto qui discutere sul merito) da parte di Francesco rompe con un malinteso e un tabù: la chiesa non farebbe politica ma parlerebbe di principi naturali, condivisibili da tutti e come tali non negoziabili. Chi sostiene il contrario vuole impedire alla chiesa di parlare. La realtà è che il wojtylismo è stato un fenomeno reazionario (e anticonciliare, senza discutere qui dell’anti-latinoamericanismo della guerra contro la teologia della liberazione). Tuttavia Giovanni Paolo II non aveva, dal suo punto di vista in piena legittimità, alcun motivo per qualificarsi come “di destra” in un contesto nel quale la politica, gli intellettuali, i media ritenevano, per fede o convenienza, di mantenere quella figura alta al di sopra delle cose del Secolo.

2) In molti paesi, e la Francia continua a fare scuola, è la laicità dello stato il principio non negoziabile che si fa anche agibilità politica per la libertà di culto di tutte le fedi, a partire da quella cattolica. Questo permette di elevare il dibattito a livelli impensabili in Italia. Il fortissimo movimento contro il matrimonio per tutti (ovvero anche per i gay) non si è mai sognato di usare parole d’ordine omofobe. Il partire da minimi comuni denominatori di rispetto dell’altro (altrimenti siamo ad Ahmedinejad che sosteneva che da loro non esistessero omosessuali) diviene indispensabile ed è impossibile ad un intellettuale italiano spiegare a intellettuali francesi che argomento chiave di chi critica la brutta legge antiomofobia è che questa coarterebbe la libertà d’espressione… degli omofobi.

3) In Italia l’aver ribassato il dibattito sui cosiddetti temi eticamente sensibili su livelli talebani è servito a costruire centinaia di carriere politiche e professionali di soggetti che oggi sono ai vertici e pronti ad usare il potere acquisito per non perdere privilegi. Anche contro il papa? È presto per dirlo. Editorialisti atei devoti, medici obiettori che rendono impossibile l’applicazione di una legge dello stato come la 194, politici che hanno usato l’aggressività della CEI per allinearsi in pubblico e fare i propri comodi in privato. Si va dai cattolicissimi pluridivorziati ai politici omosessuali, che intanto concedono ai propri partner diritti negati ai comuni mortali, o alla tortura imposta a chi vuole procreare in maniera assistita o ai limiti imposti alla ricerca scientifica. Contro questa classe dirigente mafiosa, parafrasando proprio il potente grido di Karol Wojtyla ad Agrigento nel ’93, verrebbe da laici voglia d’invocare il giudizio di dio.

Prendiamo per buono quanto detto da Bergoglio a “Civiltà Cattolica”: il papa non sarà di sinistra ma non è (più, forse) di destra. A mio avviso è troppo presto per capire se il papa argentino si spingerà fino a lasciare nudo l’esercito di farisei che è cresciuto sotto le bandiere di Ruini e Bertone. Di sicuro, dopo un’iniziale titubanza, i media italiani si sentono liberi di reinterpretare e selezionare le parole e forse le intenzioni di un papa che ormai ritengono un pericolo potenziale.

Tutto ciò è avvenuto e avviene a causa della straordinaria miscela di povertà culturale e cinismo delle classi dirigenti e intellettuali italiane. Il papa ha tutto il diritto di essere contro l’aborto o il divorzio o il matrimonio omosessuale senza che questo comporti crociate contro lo stato laico. E il papa ha tutta la legittimità dalla sua nell’essere caritatevole verso quelle che considera pecorelle smarrite senza che questo causi sorpresa o addirittura farisaico scandalo da parte di chi negli ultimi decenni ha trovato profitto nello spingere verso l’inferno in terra alcune categorie di presunti reietti sacrificabili. Penso per esempio alle giovani trattate come puttane e assassine perché bisognose di una semplice pillola del giorno dopo. Il problema è allora la fragilità dello stato laico e della cultura dei laici e delle sinistre che hanno da decenni dimostrato di non avere il coraggio delle proprie idee. Alcuni, alla Giuliano Ferrara, stanno già sposando, contro il papa venuto dalla fine del mondo, un oltranzismo di tinte lefevriane. Immagino che però la tentazione di molti di allinearsi adesso verso un «papa light», evitare di porsi il problema di riflettere su questo pontificato e continuare come nulla fosse sarà dominante. E probabilmente anche a sinistra il potersi appoggiare ad un papa che appare meno ostile (qualunque cosa voglia dire) farà tirare sospiri di sollievo a chi proprio non ha voglia di pensare con la propria testa.