Gli straordinari giovani giudici dell’Honduras (e se fossero una lezione…)

Honduras1 Chissà come si può fare per accendere un po’ di luce sulla lotta della magistratura dell’Honduras, da 35 giorni in sciopero della fame contro la corruzione nel paese centroamericano. Un paese periferico, completamente fuori dall’interesse dei media, lottando contro un fenomeno considerato normale, ineluttabile, al quale è meglio adeguarsi, "ma tu non tieni famiglia?"

Più di un mese fa hanno cominciato quattro giovani magistrati nel Palazzo legislativo di Tegucigalpa. Oggi hanno l’appoggio di migliaia di persone. Hanno chiesto che il procuratore generale, Leónidas Rosa, e il suo vice, Omar Cerna, fossero rimossi dal loro incarico. Sono i vertici di un potere giudiziario tutt’altro che indipendente e profondamente compenetrato con gli altri poteri, quello legislativo, quello esecutivo e con l’immanente potere economico, quello dei soldi, quello reale che non ha nulla a che vedere con la democrazia.

Quei quattro giovani lottavano da anni per capire come si potesse fare giustizia se i vertici della giustizia erano conniventi con il crimine. Finiti tutti i sistemi legali, sentendosi pressocché sconfitti, restava la lotta, ma quella testimoniale dello sciopero della fame, l’ultima risorsa di chi ha capito che nessuno, neanche l’opinione pubblica in quel momento, vuole ascoltare.

Hanno cominciato da soli, hanno occupato un angolo del parlamento e lì sono rimasti nel disinteresse generale. Inizialmente non ci sono state né raccolte di firme né coperture televisive. Anzi… piuttosto la derisione di chi si sente così forte da non aver bisogno neanche di minacciare: "ingenui", "imprudenti", sono state i giudizi più carini da parte dei loro superiori e della classe politica.

Poi qualcosa è cambiato. Prima una radio ha cominciato a coprire lo sciopero della fame. Poi un’associazione vicina ai gesuiti ha cominciato a sommarsi, a turno, allo sciopero della fame stesso. Da lì la solitudine dei giovani magistrati (hanno dai 32 ai 40 anni) ha cominciato a rompersi. Il loro angolo di parlamento ha cominciato a popolarsi di ragazzi, studenti senza militanza politica in un paese depoliticizzato come l’Honduras neoliberale. Hanno cominciato a portarsi i sacchi a pelo e dormire lì insieme ai giudici, che avevano fisicamente bisogno di essere appoggiati. Qualcuno ha cominciato a sommarsi allo sciopero della fame. E altri giovani sono arrivati, questa volta più politicizzati, volendo non solo appoggiare i giudici ma riscattare una storia di lotta che si pensava sepolta dai remoti anni ’70.

Il Gianfranco Fini hondureño, Roberto Micheletti, presidente della Camera ed ex candidato alla presidenza della Repubblica, li ha accusati di voler "rovesciare l’ordine costituzionale". E’ in quel momento che il loro isolamento è diventato "la tenda della dignità" e migliaia di persone ogni giorno passano a visitarli e a firmare l’appello contro la corruzione. Perfino il presidente Manuel Zelaya ha cercato di mettere il proprio cappello sulla protesta, recandosi alla tenda e solidarizzando con loro che intanto sommavano il consenso dei movimenti indigeni, tra questi il COPINH, alcuni rappresentati del quale stanno scioperando con i giudici.

Più la protesta diventa importante, attualmente stanno scioperando più di 40 persone, più il gioco si fa duro e crescono le minacce con noti repressori degli anni ’80 che si sono fatti vedere in giro lanciando chiari segnali. La vita degli scioperanti è in pericolo sia per le condizioni di salute, sia per il pericolo di attentati. I primi quattro giudici sono allo stremo, ma rifiutano di farsi sostituire sentendosi vicini ad ottenere qualcosa di concreto. Ma hanno già ottenuto moltissimo: erano solo quattro giovani magistrati, oggi con loro ci sono decine di migliaia di hondureñi.