Tibet, diversi morti a Lhasa Rivolta anti cinese dei monaci

Lhasa protesta Tibet incendio 14 marzo 2008 220x dal web

Lhasa, la capitale del Tibet, è in fiamme dopo che le proteste anticinesi di centinaia di monaci buddisti sono sfociate in violenze. Il Paese è da giorni teatro di disordini in coincidenza con il 49esimo anniversario della rivolta contro il dominio cinese. Secondo quanto hanno riportato testimoni alla Cnn, nelle strade di Lhasa sono stati esplosi colpi d´arma da fuoco e sparati lacrimogeni. Nel capoluogo, un migliaio di persone avevano tirato sassi contro le forze dell’ordine ed i loro mezzi, e hanno dato alle fiamme negozi di proprietà di cinesi. La città è stata chiusa agli stranieri. Il centro emergenza della città di Lhasa ha riferito che diverse persone sono morte negli scontri. Anche “Radio Free Asia” ha parlato di almeno due morti a Lhasa, citando testimoni.

L’Unità

L’agenzia Nuova Cina ha affermato che «ci sono dei feriti, che sono stati ricoverati in ospedale» senza fornire altri dettagli. Testimoni raggiunti telefonicamente affermano che la polizia militare è intervenuta in forze per disperdere i dimostranti e che si sono sentiti degli spari. «C’è fumo dappertutto e si sentono colpi d´arma da fuoco» ha detto un residente che parlava dalle vicinanze del Jokhang, un grande tempio nel centro della capitale. E di spari hanno parlato anche cittadini americani, come ha riferito l’ambasciata americana a Pechino. Altri hanno riferito che il mercato di Tromisikhang, dove ci sono negozi appartenenti a cinesi, tibetani e mussulmani cinesi hui, stava andando a fuoco. «La situazione è molto pericolosa, nelle strade i tibetani attaccano i cinesi» ha detto un altro testimone.
La polizia ha impedito con la forza ai monaci del monastero di Ramoche di tenere una manifestazione. Attivisti della “Free Tibet Campaign” riferiscono che «alcuni» monaci di un altro monastero, quello di Sera, sono da giovedì in sciopero della fame per chiedere la liberazione dei loro compagni arrestati nei giorni scorsi, che sarebbero decine.
Le proteste sono iniziate in due monasteri di Lhasa, Sera e Drepung, lunedì scorso, anniversario della rivolta non-violenta del 1959 contro l’occupazione cinese, e giovedì hanno raggiunto anche quello di Ganden, secondo Rfa e l’associazione britannica Campagna internazionale per il Tibet (Ict). I tre monasteri, che sono di grande importanza storica e vengono chiamati «I pilastri del Tibet», sono circondati dalla polizia militare, aggiungono i testimoni. Proprio dopo l’assedio dei monasteri, le proteste sono esplose e hanno raggiunto un livello che non era mai stato registrato negli ultimi 20 anni in questa regione nel nord-ovest della Cina.
Secondo Radio Free Asia (Rfa) molti monaci, oltre ai due che si sono tagliati le vene, stanno compiendo gesti di autolesionismo per protestare contro l’accerchiamento delle forze dell’ordine attorno al monastero e contro l’arresto di alcuni monaci.
Anche a Xiahe, altra città tibetana, circa 200 persone guidate da monaci buddisti hanno iniziato a manifestare contro il governo di Pechino. Nel nord dell’India oltre cento tibetani in esilio, che avevano iniziato una marcia da Darmanshala verso il Tibet, dovranno scontare due settimane di carcere dopo essere stati arrestati con l’accusa di aver minacciato «la pace e la tranquillità» della regione.
Le voci sulla dichiarazione dello stato d´emergenza, che circolano da alcune ore, non sono state confermate. Gli incidenti avvengono anche alla vigilia della nomina del nuovo governo cinese da parte dell´Assemblea Nazionale del Popolo, il Parlamento, e a cinque mesi dall´inizio delle Olimpiadi di Pechino. Le autorità cinesi temono qualche azione di protesta proprio durante la manifestazione sportiva.