In Brasile Dilma Rousseff punta a legalizzare l’aborto?

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Eleonora Menicucci de Oliveira, 67 anni, sociologa, pro-rettore dell’Università Federale di San Paolo, autrice di A Mulher, a Sexualidade E O Trabalho è la nuova ministra per le questioni di genere in Brasile. Militante comunista (nel POC, partito operaio comunista) e amica di Dilma dagli anni ‘60, i militari brasiliani nel 1971 la torturarono e torturarono in sua presenza la figlia Maria di un anno e 10 mesi. Da quella esperienza sostiene di aver maturato convinzioni femministe che tuttora la rafforzano nelle sue idee.

Nel 1973 fu poi compagna di cella dell’attuale presidente Dilma Rousseff. La nomina di Eleonora Menicucci è molto polemica perché dichiaratamente favorevole alla legalizzazione dell’aborto in Brasile: “una grande questione nazionale” ha affermato ancora ieri alla notizia della nomina. Lei stessa ammette di aver abortito due volte, si dichiara orgogliosamente bisessuale e madre di una lesbica che ha deciso di avere una figlia con inseminazione artificiale.

Durante la campagna elettorale 2010 in Brasile l’aborto fu uno degli argomenti caldi. Il candidato delle destre José Serra si dichiarò “pro vita” e attaccò duramente Dilma Rousseff che preferì dichiararsi “personalmente contraria all’aborto” venendo a sua volta attaccata dalla candidata ambientalista Marina Serra che la definì “antiabortista di comodo”. In America latina gli unici paesi dove l’aborto è legale sono Cuba e Porto Rico. Nella maggior parte dei paesi centro-americani le leggi sono particolarmente restrittive proibendo l’interruzione della gravidanza anche in caso di pericolo di vita della madre o di stupri di minori. In Cile la legge pinochetista –mai cambiata in 22 anni di democrazia- stabilisce esplicitamente la prevalenza dei diritti del feto su quelli della madre.