Caccia al colombiano a Genova

Omicidio, tentato omicidio e lesioni. Ne potrebbe rispondere, a breve, un colombiano residente a Genova. È ricercato dalla polizia – che ieri pomeriggio ha interrogato la madre – per le tre coltellate mortali sferrate alle 2 di domenica mattina sulla pista del Nuevo Changò, discoteca di musica latino-americana, al Terminal Traghetti (nella foto, l’ingresso).

Fuori dal locale-simbolo del divertimento sudamericano, dopo una maxirissa per una ragazza, oggetto di complimenti troppo espliciti, è rimasto il corpo senza vita di un operaio ecuadoriano di 21 anni: Juan Carlos Arteaga Alcivar, residente a Savona. Un suo amico, José Vincente Morales Alvarez, 24 anni, nell’aiutare il connazionale, è stato colpito alla schiena da un fendente che gli ha perforato un polmone. Lesione che non gli ha impedito di tornarsene a casa – «in treno» ha addirittura raccontato agli agenti della Mobile – prima di rivolgersi ai medici. Se l’è cavata per un soffio.

Ieri alle 7, è stato operato in chirurgia toracica al San Martino, dov’è arrivato in ambulanza verso le 5.30, dal Santa Corona, ospedale al quale si era inizialmente rivolto. Quando il dolore si era fatto lancinante e l’emorragia non si fermava in alcun modo. Per un terzo extracomunitario – come gli altri due, residente tra Borghetto Santo Spirito e Savona – soltanto tre punti di sutura al braccio, dati sabato notte dai medici del 118, fuori dal Nuevo Changò. Juan Carlos era arrivato a Genova con un gruppo di connazionali, tutti residenti nel Savonese, senza il minimo presentimento di vivere le ultime ore della sua giovane esistenza. Anzi. Di quel locale, molto frequentato da extracomunitari, aveva sentito parlare parecchio. Gli avevano detto che si passavano serate trasgressive. E si beveva un sacco. Come pare abbia fatto anche l’autore del delitto: un colombiano, forse. Così, almeno, l’ha descritto – fornendone pure nome e cognome alla polizia, che ieri pomeriggio ha rintracciato e interrogato a lungo la mamma – il gestore del Nuevo Changò: Nico Grisolia.

Che pur di evitare la chiusura del locale, aperto appena un mese fa, assicura di voler dotare la discoteca di «un metal detector professionale, tipo quelli usati dalle banche». Non solo. Grisolia, giusto all’inaugurazione, aveva garantito di aver fatto della sicurezza il suo fiore all’occhiello. E anche ieri, dalla questura, ripeteva al telefono: «Siamo dotati di parcheggio per 500 auto. È la discoteca più sicura di Genova. Ci sono almeno venti telecamere all’esterno e tre all’interno». Che però, a quanto pare, non hanno registrato nulla di rilevante. Possibile? Giura Nico Grisolia: «È stato consegnato tutto alla polizia, che ho chiamato io, insieme al 118. Ma dai filmati non si vede nulla. E nessuno, nel locale, s’era accorto di niente».

E della maxi-rissa finita con un morto, un ferito con un polmone perforato e almeno una terza persona accoltellata, non s’è accorto nessuno dei suoi 500 clienti? «No, no» ribadisce il gestore. Che insiste: «Quel povero ragazzo è morto fuori dal locale. Chi l’ha visto? Mio fratello Nino, titolare della discoteca, che stava telefonando». Grisolia non riesce però a spiegarsi come mai quel nugolo di telecamere non abbia ripreso alcunché.Diciott’anni di locali hanno dato agli occhi ai suoi occhi uno zoom ben più sofisticato delle riprese a circuito chiuso. Tant’è che per un altro incidente analogo – quando la discoteca era ancora in via Ceccardi – aggiunge: «Anche allora avevo contribuito alla cattura dell’assassino». Anche allora, troppi bicchieri d’alcol e complimenti non richiesti alla ragazza di turno avevano acceso la miccia mortale: era il 7 novembre 2003, l’ecuadoriano Wilfredo Paredes Briones, 21 anni, ferì a morte il colombiano Miguel Gutierrez.

Sulla sequenza della rissa non hanno dubbi gli uomini di Claudio Sanfilippo, dirigente della Mobile. Si è svolta dentro il locale, all’improvviso è comparso un coltello – forse impugnato dal colombiano ricercato – e Juan Carlos è stato colpito una prima volta, finendo sulla pista. L’amico José Vincentes l’ha aiutato a rialzarsi, rimediando a sua volta due coltellate, che gli hanno perforato il polmone. Mentre Juan Carlos, di nuovo in piedi, veniva ancora colpito un terzo ecuadoriano, anch’egli giunto da Savona cercava di far concludere la lite, finendo pure lui ferito da un punteruolo, arma diversa da quella che ha ucciso Arteaga. Chi lo brandiva? La polizia conta di stringere il cerchio sul killer (e gli eventuali complici) nel giro di poche ore.

Leggi la notizia dal sito: http://www.ilsecoloxix.it/genova/view.php?DIR=/genova/documenti/2008/01/13/&CODE=5102b0a0-c1ac-11dc-bc4c-0003badbebe4