Ma a Cuba NON sono stati approvati i matrimoni omosessuali

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CITTA’ DEL MESSICO – Improvvisa euforia cubanista sui media internazionali. A Cuba si sarebbe svolto il primo matrimonio omosessuale o quasi. Non è così, semplicemente si sono sposati un anagraficamente ex-uomo, oggi a tutti gli effetti anagraficamente donna (il cambio di sesso è assistito e gratuito dallo Stato senza neanche pagare il ticket) e un anagraficamente uomo, incidentalmente gay.

Auguri innanzitutto a Ignacio e Wendy (nella foto con la testimone Yoani Sánchez) ma soprattutto alla società cubana. La notizia però è di fatto una non notizia (non potevano certo impedire di sposarsi ad un uomo e una donna, per quanto gay e trans rispettivamente) o almeno è più sociale che politica. Non sta tanto in un matrimonio che, messo così, si sarebbe celebrato perfino in Vaticano o in Afghanistan ma in alcune rapide spigolature della stessa.

1) La società e perfino la politica cubana sono mature per il grande passo già compiuto in altre parti del continente (vedasi il matrimonio egualitario di Cristina Fernández de Kirchner in Argentina) ed è molto probabile che il progetto di legge in merito prospererà in tempi brevi. Sarà divertente vedere i media mainstream spaccare il capello in quattro tra quelli che considereranno il matrimonio omosessuale cubano un segnale d’apertura (a chi?) e quelli che lo considereranno l’ennesima degenerazione della Rivoluzione (contro chi?).

2) Dal lontano 1979 a Cuba l’omosessualità non è più un delitto. Come termine di paragone e nonostante Cuba sia dipinta a volte alla stregua dell’Iran dai media, in Cile non è più reato solo dal 1998 (Pinochet non c’era più da nove anni), a Portorico (parte degli USA) dal 2005 e in Nicaragua solo dal 2008.

Non solo: da tempo la Rivoluzione fa apertamente autocritica per le UMAP, le unità di “rieducazione”  smantellate nel remoto 1968 ma delle quali a lungo è stata politica di Stato il segreto, e per il cosiddetto “quinquennio grigio”, il periodo degli anni ‘70 nel quale è stata più oppressiva, soprattutto sugli intellettuali, la cappa  del filosovietismo di Stato che represse anche la cultura omosessuale. I progetti di ricerca in questo momento in essere tra varie istituzioni cubane e straniere fanno sì che presto avremo ricerche scientifiche sul quinquennio grigio e sulle UMAP solo dopo le quali tali temi usciranno dalla propaganda e potranno essere valutati nella loro reale dimensione.

3) Continua ad essere straordinaria a chiunque sia intellettualmente onesto la figura di Fidel Castro, un signore nato negli anni ‘20, quando l’omosessualità era reato penale in quasi tutto il mondo, che ammette da tempo di aver creduto che questa fosse un prodotto decadente della borghesia (l’interpretazione ufficiale di un marxismo storicamente disattento se non nemico della diversità sessuale e perfino delle questioni di genere) e come tale da condannare ma di aver maturato nel tempo la convinzione del suo errore.
L’omofobia cubana era frutto dell’incontro tra due arretratezze. Da una parte vi era il machismo parte della cultura -non certo solo dell’isola né solo latinoamericana- e difficile tuttora da estirpare. Dall’altra vi era la disattenzione storica della cultura marxista verso il tema che si coniugava con una retorica virile della Rivoluzione in armi nella quale il “maricón” era considerato figura fragile e ricattabile. 
Cuba rivoluzionaria, e perfino il vecchio Fidel, è andata oltre. Per capirci: il ministro Giovanardi sarà omofobo anche a 120 anni.

4) Continua ad essere graziosa la maniera con la quale presentano sulla stampa internazionale Yoani Sánchez come una novella Sakharova dipingendola come vittima di chissà quali soprusi e sottoposta ad un regime di terrore. Invece non solo vive liberamente a Cuba, e ne siamo molto felici, ed è testimone nelle nozze più politicamente corrette dell’anno ma, lei che si dichiara non violenta, fa contemporaneamente presentare il suo ultimo libro a Miami dal terrorista Carlos Alberto Montaner. Per qualcuno sarebbe stato giusto che il governo cubano le avesse permesso di andare ad incontrarsi con un terrorista. Ha proprio ragione la CIA che –è nelle carte di Wikileaks- dichiara che con l’opposizione cubana non ci si cava un ragno dal buco.