Marina Salomon non compra la Treccani a Zapping

Giovedì sera, viaggiando in auto verso Firenze, ho ascoltato (ebbene sì) Zapping, il talk show radiofonico da vent’anni nel palinsesto serale di Radio1. La trasmissione è oramai una sorta di ultimo ridotto del regime, un ininterrotto discorso del teatro Lirico del regime berlusconiano senza soluzione di continuità.
Il conduttore, Aldo Forbice (oramai Emilio Fede è zucchero), nei pochi minuti nei quali ho resistito ha maramaldeggiato insultando (senza diritto di replica, obviously) un signore che voleva timidamente dire qualcosa di buon senso sul nucleare e, subito dopo, il direttore di un conservatorio, reo di difendere la sua professione e non farsi calunniare da Forbice e i suoi ospiti.
Oltraggiosa e ben oltre le possibili differenze di punti di vista, è stata in particolare  la signora Marina Solomon, che Forbice da anni presenta come la Giovanna d’Arco della società (in)civile veneta e della sana imprenditoria del nord, ma che in realtà appare di più una sorta di casalinga di Voghera dell’ultraliberismo.
Nello strillare la sua delusione per il fatto che il governo abbia restituito due lire alla cultura, la signora appariva più simile ad una vajassa di mussoliniana (Alessandra) memoria che a una signora della buona società padana. Tra le perle della serata (oltre ad avercela anche lei a morte con i conservatori, intesi come luoghi di studio della musica) almeno due meritano di essere citate.
La signora, che palesemente non sapeva che l’enciclopedia Treccani sia da tempo felicemente online (e totalmente ignara di qualunque dibattito sui saperi) ha di punto in bianco dato in escandescenza con frasi come: “io non voglio più la Treccani, liberiamoci della Treccani. Mio figlio ieri ha cercato ‘ornitorinco’ (sic) su wikipedia! E’ questo il futuro! -e in crescendo ha scandito- Io non la voglio più un’enciclopedia di carta. NON LA COMPRO”.
La povera signora Marina, ignara della differenza tra una ricerca per le scuole elementari e uno strumento di studio alto, quale la Treccani resta, e del fatto che ogni grande paese abbia la sua “Treccani”, quando un’altra ospite, Chiara Valentini, l’ha smentita e le ha timidamente spiegato che da tempo la Treccani non è (solo) di carta ha replicato: “non importa, comunque non ha senso avere la Treccani”.
Non era finita, dopo aver spezzato le reni a De Sanctis, Einaudi e Rita Levi Montalcini, saltando di palo in frasca la signora Marina ha deciso che era l’ora di usare lo spadone di Alberto da Giussano contro il cinema: “il cinema italiano è morto. Cosa c’importa di avere un cinema italiano quando possiamo andare a vedere film americani che esprimono la nostra stessa cultura?”
No, non commento, non ce n’è bisogno.