Nasce la Bolivia «comunitaria» La sfida di Morales

Oruro, maratona notturna per la nuova costituzione: no a rielezioni indefinite, sì alla «proprietà comune», mai più basi straniere. Raffinata l’opposizione: «E’ carta igienica usata»
Pablo Stefanoni
La Paz

Quando sembrava già a un passo dalla morte, l’Assemblea costituente boliviana è rinata dalle sue ceneri e ha approvato a tempo di record la nuova Carta magna sostenuta dal presidente Evo Morales. Le critiche della destra per la mossa a sorpresa della riunione di oruro (a tre ore di macchina da La Paz) non hanno fermato i costituenti della sinistra, che hanno scelto questa città arida e fredda nelle Ande boliviane per fuggire ai conflitti di Sucre, la sede originale della convenzione costituente. In una maratona durata l’intera notte dal sabato alla domenica, sono stati approvati gli oltre 400 articoli del nuovo testo costituzionale. «E’ una grande gioia per me e per tutto il movimento indigeno, operaio, contadino e popolare», ha detto Morales, che ha rinunciato a inserire nel nuovo testo la rielezione indefinita del presidente.
Molti costituenti si sono sorpresi nel constatare che questa proposta, rifiutata dall’opposizione e con un rischioso marchio chavista, era stata modificata in favore della più moderata possibilità di essere rieletto una sola volta. In effetti, però, la durata in carica comincerà a essere contata a partire dall’entrata in vigore della nuova costituzione, e in questo modo – se le urne lo assistono – il presidente boliviano può aspirare a restare a Palacio Quemado fino al 2018. Prima di volare a Buenos Aires per assistere alla cerimonia di entrata in carica della presidente Cristina Fernandez de Kirchner, Morales ha detto che il testo approvato a Oruro garantirà «una rivoluzione sociale con stabilità» ed è tornato a criticare «i settori oligarchici che vogliono frenare il cambiamento».
Un antropologo sprovveduto avrebbe faticato a distinguere l’ultimo appuntamento della Costituente da un’assemblea sindacale. Ai sombreri, sandali, ponchos e polleras (l’abito tradizionale delle donne, ndr) indigeni che abbondavano nel conclave si è unita una «guardia popolare» che, come la polizia sindacale nei congressi contadini, ha sbarrato le porte per impedire che i costituenti più deboli abbandonassero il luogo prima di aver finito il loro compito. A mezzogiorno di domenica i costituenti hanno cantato l’inno nazionale con il pugno alzato – come da recenti istruzioni di Morales – si sono abbracciati piangendo e hanno dato per conclusa la missione. Ora il nuovo testo dovrà essere ratificato dai boliviani attraverso un referendum e, in caso di vittoria del Sì, saranno convocate elezioni anticipate per il rinnovo di tutte le cariche pubbliche.
Nonostante sia stato rispettato il quorum legale, la destra ha denunciato una modifica del regolamento che ha consentito l’approvazione della nuova «legge delle leggi» con i voti dei due terzi dei presenti (e non del totale dei costituenti) e il successivo ricorso diretto al referendum. «Non obbedite alla nuova costituzione», ha detto ieri il presidente del Comitato civico di Santa Cruz, Branko Marinkovic, annunciando il disconoscimento del nuovo testo, rifiutato da cinque dei nove governatori della Bolivia. Marinkovic ha aggiunto che «Santa Cruz lancerà un suo proprio statuto autonomistico», che potrebbe essere approvato questa settimana. Il governatore cruceño Ruben Costas ha «rifiutato totalmente un manifesto politico fatto da assembleisti servili e vassalli obbedienti che vogliono farci credere che sia una costituzione». Costas ha detto che «Santa Cruz è in pericolo» e a chiesto che «ogni angolo, ogni quartiere, ogni paese organizzi la resistenza civile e la lotta per l’autonomia in maniera militante».
Celebre per le sue sparate, il sindaco di Santa Cruz de la Sierra, Percy Fernandez, ha attaccato: «Bisognerà dipingersi e mettersi le penne per esistere, in questo paese». Giorni fa l’ex presidente Jorge «Tuto» Quiroga aveva detto che la nuova costituzione «è un pezzo di carta che vale tanto quanto la carta igienica usata».
La nuova Carta ha un forte tono nazionalista, ma non parla di socialismo. Tra le altre cose, obbliga la proprietà privata «a compiere una funzione sociale», considera tradimento della patria «l’alienazione di risorse naturali a favore di potenze, imprese o persone straniere» e riconosce molti tipi di proprietà, compresa la proprietà comunitaria. Nello stesso tempo separa la chiesa dello stato, garantisce le autonomie regionali e indigene e proibisce l’installazione di basi militari straniere. Stabilisce inoltre l’elezione a suffragio universale dei giudici della Corte suprema e riconosce la giustizia comunitaria indigena. Nonostante ciò, il governo ha fatto un passo indietro nella sua proposta di concedere il diritto di voto ai sedicenni e in quella di eliminare il senato. Il tema del latifondo sarà risolto da un referendum parallelo per determinare il limite massimo di ettari che un proprietario può possedere.
Ieri, tra festeggiamenti e critiche, nessuno si è azzardato a prevedere se la costituzione avrà vita corta o se diventerà il testo che farà superare al paese secoli di discriminazione e povertà della maggioranza indigena.

http://www.ilmanifesto.it/ricerca/ric_view.php3?page=/Quotidiano-archivio/11-Dicembre-2007/art57.html&word=Bolivia