Nicola Calipari come Fabio di Celmo, i morti del Cermis e il sequestro di Abu Omar

Cermis La vedova di Nicola Calipari vorrebbe restituire la medaglia al valore data al marito, ammazzato in Iraq dal fuoco amico. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, le telefona per esprimerle solidarietà. Se non ci fosse da piangere si potrebbe citare Fabrizio de André: “Si costerna, si indigna, si impegna e poi getta la spugna con gran dignità”.

Il problema è che la decisione della Corte d’Assise è corretta, realista, soprattutto realista e si appoggia su eccellenti precedenti che la politica fornisce alla magistratura.

Andiamo a memoria. E’ facile. Ricordiamo che né Castelli né Mastella (gli ultimi due guardasigilli) hanno dato corso alla richiesta della magistratura per processare i sequestratori di Abu Omar, il cittadino egiziano sequestrato in strada a Milano da ventidue agenti della CIA. Allo stesso modo, una decina di guardasigilli non hanno mosso un dito per chiedere l’estradizione di Luís Posada Carriles, il terrorista e agente della CIA reo confesso dell’assassinio a Cuba del cittadino italiano Fabio di Celmo. Appena più indietro (senza correre fino a Ustica), quando l’attuale ministro degli Esteri, Massimo d’Alema, era capo del governo, non mosse un dito per fare in modo che il pilota che il 3 febbraio del ’99, giocando a fare il Top Gun, al Monte Cermis ammazzò 22 persone, potesse almeno subire un processo.

Che i nostri cittadini siano ammazzati in Italia o all’estero poco importa. Se l’assassino agisce per conto del governo degli Stati Uniti l’impunità è nei trattati e pacta sunt servanda. Gli Stati Uniti, come la DC, non si processano. Siamo una colonia, mettiamoci una croce sopra e smettiamola con l’ipocrisia.