Il casta-mercato di Silvio Berlusconi in un paese che affonda nella palude politica

veltroni-berlusconiUn guardasigilli riceve un avviso di garanzia e lui avvisa il governo del quale fa parte (e il suo partito, se non fosse una delle tante one man band) che allora si vada a votare: muoia Sansone con tutti i filistei. In un paese civile Mastella si dimetterebbe e si farebbe sostituire da un membro del suo partito (alzi la mano chi se ne ricorda almeno un altro). Intanto il magistrato che l’ha inquisito (e che il guardasigilli voleva trasferire, innescando oggettivamente un processo uovo-gallina su chi ce l’ha per prima con chi) risponde che se quell’inchiesta non la porta a termine lui e solo lui, allora siamo al fascismo, porta via il pallone e non si gioca più.

Pur avendo franca empatia verso il giudice Luigi de Magistris e la magistratura, e un’inconfessabile simpatia per Clemente Mastella, è chiaro che non può finire una legislatura per un avviso di garanzia. Ed è pacifico che, se siamo al fascismo oggi, cos’erano i cento passaggi che, nel silenzio dei politici di centrosinistra, hanno legato le mani alla giustizia e consegnato questo paese a un esercito di legulei che rendono impossibile la condanna di chiunque abbia un po’ di visibilità pubblica o due lire in banca, senza contare chi di lire ne ha 14.000 miliardi, di visibilità infinita, e si è fatto le leggi ad personam per cinque anni.

Ma questo non è più, prendiamone atto, un paese civile. Sembra ieri che Silvio Berlusconi giurava sulla testa dei suoi figli, come Ricky Albertosi nel primo calcioscomesse, che “mai più ribaltoni”.

Fa pertanto molto bene Eugenio Scalfari a ricordare su Repubblica di stamane, che quanto Berlusconi si vanta di star facendo, ovvero offrire prebende e soldi ai transfughi del centrosinistra, vantandosene pubblicamente, è un reato penale. Il fatto che lo abbia sempre fatto, fin da quando comprò cooptò Rocco Buttiglione e mezzo PPI, non significa che vada bene continuare a farlo. E’ un reato penale che si chiama voto di scambio. In un paese civile ci si va in galera e non a Palazzo Chigi, come senz’altro succederà al nuovamente incombente Cavaliere. Ammesso e non concesso che qualche magistrato alzi ancora la testa per indagare, di fronte a una notizia criminis pare (pare) che l’azione penale in Italia sia obbligatoria, si fa una leggina e si sana, come per il falso in bilancio, reato per il quale negli Stati Uniti ti danno vent’anni di galera, e in Italia… la medaglia.

Purtroppo Don Walter Veltroni ha spiegato che non odia nessuno, tantomeno Berlusconi. Ma qualcuno dovrebbe spiegargli che si è candidato a governare il paese, non a convertirci e che, almeno qualche volta, pure i santi perdono la pazienza. Di fronte al reoconfesso (di voto di scambio e ainda mais) Berlusconi, che farà cadere il governo amico di Romano Prodi, forse qualche rimbrottino, caro don Walter potrebbe starci. Foss’anche solo strumentale. Ma già, è sbagliato demonizzare l’avversario…

E’ che la casta (autoreggente come le calze) oramai crede di vivere nel paese dei balocchi. A chiunque propone di limitare in qualche modo il mandato al de Gregorio di turno, questa alza le barricate, scambiando la loro libertà di inciuciare con la democrazia. Faccio una modestissima proposta. Il senatore Lamberto Dini (uno dei senatori che si sentono a disagio nel centrosinistra), un bamboccione del 1931, ha tutto il diritto di pensare al suo futuro politico. Tiene famiglia e su queste cose non si scherza. Ma deve andarlo a spiegare in un dibattito pubblico agli elettori di Scandicci che lo hanno mandato in parlamento. E deve convincerli che tornare con Berlusconi sia il meglio per il paese. Giusto senatore?