Gianna Nannini: la terza rivoluzione sessuale?

giannanannini Il dibattito aperto sulla gravidanza di Gianna Nannini è ininfluente rispetto alla notizia che al mondo ci sono mezzo milione di donne ultracinquantenni incinte o che negli ultimi anni sono diventate madri dopo la soglia del mezzo secolo di vita. Sono quasi tutte donne benestanti che vivono nel primo mondo ma non è detto che il modello non possa diventare parzialmente interclassista nel prossimo futuro.

L’argomento “naturalità” appare il più gettonato. Per il mondo cattolico, portato a non considerare “naturale” tutto quello che, soprattutto nella sfera sessuale/riproduttiva si è modificato dal tempo di Pio IX, la sacralità della vita del nascituro impedisce l’anatema. Per il mondo laico la bilancia oscilla tra la giustificazione della gravidanza tardiva come diritto e la critica di questa come capriccio e oggetto di consumo un po’ come per i figli adottati da Mia Farrow, Madonna o Angelina Jolie: donne straricche che avrebbero bisogno di dare un senso alla loro vita. Pur partendo da argomenti e preoccupazioni diverse è sempre un bene quando un dibattito è ispirato dai dubbi più che dalle certezze.

Delle rivoluzioni del XX secolo la più irreversibile e consolidata è quella che ha dato alle donne il controllo sulla propria fertilità. La pillola non solo è il simbolo della libertà sessuale ma ha contribuito in maniera significativa ad abbassare la natalità e, nel giro di un paio di generazioni, ha spostato in avanti di oltre un decennio il momento della maternità.

In maniera meno contundente, ma per nulla irrilevante, da circa un decennio il Viagra ha dato agli uomini la possibilità di una vita sessuale virtualmente corrispondente alla vita biologica. Nel XX secolo creavano scalpore le paternità di uomini molto anziani come Charlie Chaplin o Pablo Picasso. Oggi tale possibilità, sia pur criticata, è data per scontata.

Tutte le criticità rilevate dal dibattito di questi giorni sono rilevanti: l’impatto pesante della gravidanza sul fisico della donna, l’aumentata possibilità di handicap e malformazioni, il destino di figli con madri anziane, la relazione tra il ritardo della maternità e la realizzazione professionale, il fatto che le donne (come è visibile in qualunque giardinetto pubblico francese e non da noi, paese del Family day) andrebbero messe in condizione di essere madri anche a vent’anni. Resta però perfettamente sullo sfondo un argomento che mette in diretta relazione il caso Nannini con la storia della sua generazione e di quelle che la seguono e la separano da quelle che la precedono.

Gianna Nannini aveva 15 anni quando nel 1971 l’invenzione di Gregory Pincus fu commercializzata in Italia. Per le loro madri, giova sempre ricordarlo, la pillola era proibita dall’art. 553 del codice penale oltre che dalla morale religiosa. Le ragazze della generazione di Gianna Nannini sono dunque le prime ad aver avuto il pieno controllo su tutta la loro vita sessuale e riproduttiva. Oggi proprio a loro la scienza sembra offrire la possibilità di continuare ad esercitare tale controllo. Oggi, in silenzio e senza scendere in piazza, ma con altrettanta decisione, quel mezzo milione di madri attempate sembrano continuare a rivendicare che l’utero è loro e se lo gestiscono.

Può incutere orrore o suscitare disprezzo la rivendicazione del diritto all’attività sessuale e riproduttiva, simboli stessi della gioventù, anche nell’età matura. Velata nel dibattito c’è la nota critica del colpo di testa del pentirsi in età avanzata per quanto si è rinunciato ad avere in gioventù: povera donna, ha rinunciato a esser madre in gioventù e ora che è tardi cerca di porre rimedio.

Ma la medicina, dopo la pillola e il Viagra, aiutando le donne in età avanzata a diventare madri, sta mettendo in moto una sorta di terza rivoluzione sessuale concatenata con le prime due. Non soltanto la donna appare volere e potere estendere ulteriormente il momento della scelta della maternità, ma afferma che se l’uomo estende la propria potenza sessuale virtualmente all’infinito anche la donna può tenere il passo ed estendere la propria capacità riproduttiva.

In questo modo, a ben guardare, l’estensione dei cicli sessuali, si ricongiunge con i cicli vitali dai quali si era profondamente discostata nel corso del XX secolo. Quando il dottor Zigsmondy nel 1903 inventò l’antesignano del moderno microscopio, aprendo infiniti spazi al progresso medico, la durata della vita media era di appena 35 anni. Ben poche donne arrivavano alla menopausa e troppi figli restavano senza madri in tenera età come era stato “naturalmente” per tutta la storia dell’umanità.

Oggi, complici la medicina e la pillola tutto è cambiato e una donna al termine della propria età fertile “naturale” non ha più davanti la morte ma ancora mezza vita, spesso in buona e soddisfacente salute anche sessuale. Cosa dovremmo fare, noi donne e uomini del XXI secolo, nei 45 anni che nel frattempo abbiamo guadagnato rispetto ad Adamo ed Eva e ai nostri bisnonni, se non sperimentare “nuove naturalità”?