Pena di morte per i giornalisti nel Messico di Felipe Calderón

Amado Ramírez è il 67° giornalista assassinato in Messico in vent’anni, il 33° dal 2000, quando il "governo del cambio" del PAN ha sostituito il PRI per non cambiare nulla. E da quando è presidente Felipe Calderón il record è ancora più sinistro: sette assassinati in otto mesi, due desaparecidos, almeno otto minacciati di morte.

Amado Ramírez era il corrispondente di Televisa (una sorta di Rete4 messicana) da Acapulco. No, non pensate allo sfavillare di Hotel di lusso. Lo stato di Guerrero, dove si trova Acapulco, è uno stridore di denti di povertà e regolamenti di conti tra i narcotrafficanti. E’ guerra nello stato di Guerrero e, come in Iraq, non può far troppo rumore il cadere di un giornalista se, nelle 24 ore nelle quali è stato ammazzato Ramírez, ci sono stati nel solo stato di Guerrero almeno altri sei omicidi. E tuttavia, l’omicidio di Ramírez non può essere dimenticato perché proprio il Messico è, dopo l’Iraq, il secondo paese al mondo dove più giornalisti vengono ammazzati.

Ad Acapulco si confrontano due cartelli, quello del Golfo e quello di Sinaloa. Amado, 50 anni, aveva appena terminato un programma radiofonico quando è stato giustiziato con quattro colpi di calibro 38, nel pieno centro del Porto di Acapulco. Il giornalista era da tempo sotto mira e almeno dal 6 febbraio -è la denuncia della Federación Latinoamericana de Periodistas, FELAP- erano noto alla Polizia dello stato di Guerrero che un giornalista sarebbe stato assassinato.


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