Natascha Kampusch, da vittima a stella televisiva?

Che ne pensate della comparsata televisiva della ragazza austriaca Natascha Kampusch, sequestrata per otto anni in una cantina ed uscita alla luce del sole solo da pochi giorni? Tendo ad avere rispetto per la maniera con la quale chiunque cura le proprie ferite, qualunque sia il trauma, ma questo caso è veramente sorprendente.

Aldo Grasso, sul Corriere della Sera, afferma, con acume, che il video è oramai la vera sindrome di Stoccolma della nostra società. Forse è vero. Nelle ultime settimane ho visto cose strabilianti. Per esempio la città di Cava dei Tirreni era tappezzata di manifesti per le selezioni di un programma di Maria de Filippi ed a Ponza un ragazzo si è definito "collega" di un attore di teatro professionista da vent’anni… "sai, ho partecipato alle selezioni del Grande Fratello", ammiccava come se fossero due entità comparabili. E in una società come la nostra non c’è nulla più da fare contro il millantato credito, se ne uscirebbe sempre con le ossa rotte.

Allo stesso modo Natascha, che resta beninteso una vittima, si trasforma miracolosamente in un fenomeno televisivo senza avere nulla a che vedere con la TV e non sapere far nulla di televisivo, salvo -e non è certo poco- raccontare la propria esperienza. Ma la sorpresa -per me grande- è che non rappresenta se stessa in quanto vittima, ma trasformandosi in poche ore in maniera così charmant, rappresenta se stessa già in quanto personaggio televisivo. Chi l’aspettava emaciata e soprattutto insicura e traumatizzata sbagliava e la scopre già pronta per l’Isola dei Famosi.

In questi termini, per la televisione fa esattamente lo stesso spettacolarizzare una vittima, Natascha, o una carnefice, Annamaria Franzoni.

Ammesso e non concesso che Natasha sia davvero la donna cannone del XXI secolo, tutto ciò non spiega questa ragazza così a suo agio con il mezzo, queste risposte diplomatiche ("non ho tempo di vedere i miei genitori"). Per l’intervistatore "sembrava di parlare con una laureata dalla volontà invincibile". Aldo Grasso conclude in maniera ottimista che ben venga anche questa ulteriore Sindrome di Stoccolma che sostituisce immediatamente quella della quale la ragazza soffriva rispetto al sequestratore Wolfgang Priklopil. "Al disagio si resiste solo se lo si affronta" conclude Grasso. Ne sposa in toto le tesi anche il blogger Paventi*. Vittorio Pasteris scrive che "l’intervista televisiva a me è sembrato un delicato atto di umanità di una persona che ha sofferto molto, ma che probabilmente nella sofferenza ha costruito molto". Non ne è convinta un’altra blogger, Melusina, che dalla Germania scrive: "ricordo i capelli nascosti da un foulard che m’inducono a domande sulla sua salute, e soprattutto il movimento degli occhi, mai fissi sull’interlocutore, sfuggenti, bassi, con riferimenti frequenti alla sua sinistra, dove lo psicologo che la segue sedeva fuori inquadratura. Occhi vispi, ma ansiosi, con tanta voglia di vedere e farsi vedere, ma totalmente ignoranti del mondo che li circonda".

Avranno ragione Grasso, e gli ottimisti, e la ragazza viennese è sulla buona strada, o sotto la maschera televisiva di Natascha il trauma resta intatto?

*precario isernino che definisce se stesso "vittima della legge Biagi".


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