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Ottimismo con cautela. La crisi colpisce anche in America latina, ma meno di prima

ALCA-l-America-Latina-non-e-piu-il-cortile-di-casa1_medium [1] Fino a pochi anni fa un battito d’ali di farfalla a Wall Street provocava un uragano nelle borse di San Paolo o Buenos Aires e faceva perdere milioni di posti di lavoro dal Golfo del Messico ai Caraibi. Adesso gli effetti della crisi sono più contenuti e un continente più integrato resiste meglio, anche se i conti sono comunque in discesa. Secondo il CEPAL nel 2009 la crescita sfiorerà il 2% contro il 4.6% del 2008 e si perderanno altri due milioni di posti di lavoro arrivando a 18 milioni. In cambio scenderà l’inflazione che passerà dall’8.5 al 6%.

La Commissione economica per l’America latina e i Caraibi delle Nazioni Unite (CEPAL) ha presentato il suo bilancio preventivo per il 2009. L’effetto della crisi si fa già sentire sull’America latina ma meno che in passato. In dieci anni la crescita dell’integrazione economica regionale ha fatto diminuire la dipendenza latinoamericana e il rifiuto dell’ALCA, l’area di libero commercio che George Bush voleva imporre al continente, rende la regione meno direttamente esposta alla crisi e la ricostituzione di riserve auree (510 miliardi di dollari) dà alle banche centrali maggiori strumenti di manovra e di indipendenza.

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