“L’unico indiano buono è quello morto”

Qualche giorno fa ero in una libreria napoletana quando una cliente ha chiesto “il libro di quello che ha fatto ammazzare Schwarzenegger”. Il commesso ha chiesto quale dei tanti e la cliente, senza perdersi d’animo, anche se non ricordava il nome, ha risposto “quello ancora caldo”.

Quello dell’afroamericano Williams non sarà per molto l’ultimo morto del duro governatore austrostatunitense. Il 17 gennaio toccherà al 76enne “Orso che corre”, un indiano Choctow, in galera da più di un quarto di secolo, cieco e su una sedia a rotelle. Se non fosse un’orribile battuta, potrebbe essere un’eutanasia più che un’esecuzione.

Il Governatore della California, Arnold Schwarzenegger, così manderà a morte il 17 gennaio prossimo Orso che corre. Secondo Amnistia Internazionale il processo che portò nel 1982 alla sua condanna a morte fu fortemente condizionato da fattori razziali.

Orso che corre, come la maggior parte di quelli che finiscono sulla sedia elettrica, è un uomo del ghetto, della riserva, uno sficato che non si è potuto pagare un buon avvocato per infiocchettare i crimini che probabilmente ha commesso. Ma Orso che corre è soprattutto un non bianco, un non wasp in un sistema giudiziario razzista nel quale è finito stritolato prigioniero del sistema di dominazione dei “visi pallidi”.

Condannato da una giuria di bianchi Orso che corre passerà direttamente dalla sedia a rotelle alla sedia elettrica e non vedrà il boia perché è cieco. A Schwarzenegger non importa. Nell’etica del western “L’unico indiano buono è quello morto”.