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Il PD, Gianni Cuperlo e la foglia di fico socialdemocratica

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È del tutto ragionevole temere o addirittura detestare Matteo Renzi. Portatore di una visione lideristica della politica e di modernizzazioni dolorose e senza giustizia, va con lo stigma del predestinato ed è accompagnato da spezzoni poco presentabili del Partito democratico e carrieristi vogliosi di far merito e scalare liste d’attesa per le poltrone. Solo un paese disperato, incapace di elaborazioni originali e senza alternative potrebbe essere ridotto al “proviamo con Renzi”.

Per quanto Renzi possa apparire una sciagura, l’unica vera tragedia per il paese e per la sinistra sarebbe una vittoria nelle primarie del PD del buon Gianni Cuperlo. Questi rappresenta una vecchia classe dirigente che ha già dato pessima prova di sé, oggi irrecuperabilmente odiata, pienamente responsabile del tracollo nel paese, che per 20 anni ha continuamente cercato l’appeaseament col satrapo lombardo in cambio della foglia di fico di una legittimazione che neanche doveva essere chiesta per il peccato originale di essere stati comunisti. Tale legittimazione si è risolta nello smettere di rappresentare i propri elettori, i salariati, precari e non.

L’apparat?ik triestino ha creduto che bastassero quattro frasi vagamente socialdemocratiche, che il suo mentore d’Alema non avrebbe mai pronunciato e che il paese non è più abituato ad ascoltare, per mandare in visibilio qualche nostalgico. Idea nobile la socialdemocrazia che dev’essere però anche sostanza e ci vuol altro che una figura di secondo piano come Cuperlo per rappresentare una svolta. Soprattutto una segreteria Cuperlo rappresenterebbe l’arroccamento definitivo del Partito Democratico nella difesa del governo Letta, che tutto è meno che socialdemocratico, fino a farlo e farsi spolpare vivo da un paese allo stremo. Il Partito democratico, così come lo pensa la classe dirigente di questo, ha la vocazione per costruire un partito Stato, identificato con la governabilità e l’interesse nazionale. Purtroppo per loro, e per noi aspiranti elettori, tale classe dirigente non ha per una vocazione così alta l’autorevolezza, la credibilità, la forza e ha da tempo smesso di essere differente dalla destra anche per etica e competenza. Il paese dei pifferai magici, il satrapo che non muore, lo squadrista genovese, il lugubre razzista milanese, è già pronto a dare la colpa al PD di tutto e il contrario di tutto (la pretestuosità della campagna per la quale solo i parlamentari del PD sarebbero illegittimi lo dimostra) e provare perfino -per quattro voti in più di un elettorato analfabeta o sconcertato- a distruggere l’unica conquista durevole degli ultimi decenni: il nostro ancoraggio all’Europa.

Resta Pippo Civati. Siamo tutti troppo adulti per non leggere nella sua candidatura poco più di una ricopertura sul fianco sinistro e un simulacro di dialettica. Certo che se per lui avesse speso una sola parola Romano Prodi… Purtroppo quella per un PD ancorato a un sistema valoriale progressista, socialdemocratico sarebbe perfino troppo, non è stata neanche combattuta.