Un altro anno d’impunità per l’assassino di Fabio Di Celmo

Il 4 settembre 1997 il cittadino italiano Fabio Di Celmo morì dilaniato da una bomba all’Hotel Copacabana dell’Avana. La bomba l’aveva messa materialmente il terrorista salvadoregno Francisco Chávez Abarca su mandato di  Luís Posada Carriles, terrorista, comparabile ad Osama Bin Laden anche per numero di vittime nelle centinaia di attentati dei quali si è reso responsabile in una lunga carriera criminale, inoppugnabilmente protetto, addestrato e finanziato dalla CIA. Per la morte di Fabio, l’assassino reo confesso dichiarò: “dormo tranquillo. Era nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Come i passeggeri del volo della Cubana de Aviación fatto saltare in aria nel 1976. Il socio di Posada Carriles Orlando Bosch dichiarò senza vergogna alla televisione di Miami: “non capisco il chiasso. La maggior parte dei passeggeri erano solo dei negretti”.

A 16 anni dalla morte di Fabio Di Celmo solo l’autore materiale, Francisco Chávez Abarca, sta pagando per la sua morte. Arrestato a Caracas, dove era stato mandato a compiere attentati per destabilizzare il governo Chávez, fu estradato a fine 2010 all’Avana, processato e sta scontando 30 anni di carcere anche se ovviamente, qualcuno lo considera un paladino della libertà. Non così per Posada Carriles. Torturatore in gioventù della dittatura di Fulgencio Batista fu immediatamente arruolato dalla CIA e per mezzo secolo ha realizzato azioni terroristiche per conto di questa. Ora si sta godendo una dorata vecchiaia negli Stati Uniti. Con l’eccezione di un voto del parlamento nel 2007 (primo firmatario l’ex-onorevole Jacopo Venier), l’Italia non si è mai interessata di chiedere giustizia per il mandante reo confesso dell’assasino di un cittadino italiano. Colpevole, Fabio, di essee stato vittima del terrorismo dei buoni.