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Lettera a Gianni Riotta (e risposta) su Hugo Chávez

L’aggettivare nel giornalismo è spesso ridondante e mai neutrale. I giornalisti dei grandi quotidiani d’opinione italiani hanno l’abitudine di dovere sempre e comunque prendere le distanze da qualunque esperienza di governo che non sia ligia agli interessi degli Stati Uniti. Pertanto in maniera gratuita e totalmente decontestualizzata nel fondo di oggi sul Corriere, Hugo Chávez non è il “presidente venezuelano Chávez”, ma “il despota Chávez”. Non è certo la prima volta. Su Repubblica quando sono teneri si parla di “regime Chávez” e l’ex-direttore dell’Unità, Furio Colombo arrivò a criticare (sic!) il clericalismo di Perón che invece era accusato di bruciare le chiese come un anarchico qualsiasi. Fare esercizio di durezza contro chi non può difendersi (anche se l’ambasciata venezuelana a Roma è sempre puntuale nel contrappuntare), è defaticante ed a basso costo per penne abituate a incensare i poteri veri e forti, la casa bianca, il vaticano, la confindustria.
Sarà perché insultando Chávez si guadagnano meriti mentre informarsi, lavorare, magari mandare un inviato se non un corrispondente in America Latina non vale la pena? Con santa pazienza ho scritto a Riotta:

Gentile Riotta,
leggo spesso con interesse i suoi articoli. Ho condiviso buona parte di quanto scrive nell’ottimo pezzo di oggi, eccetto che per quell’aggettivo con il quale bolla il presidente venezuelano Hugo Chávez: “despota”.

Posso chiederle che significato attribuisce a tale termine e perché lo attribuisce al presidente venezuelano? La coalizione di governo presieduta da Hugo Chávez prende molte decisioni controverse e discusse e discutibili, ma fino a quando gli si attribuiranno difetti che non possiede sarà impossibile per il lettore europeo comprendere il fenomeno del crescente consenso democratico ottenuto dal governo venezuelano, ribadito in ogni elezione per esempio dall’ex presidente statunitense Jimmy Carter.

Sappiamo entrambi come trattare le fonti e quindi non mi divulgherò nello sciorinare dati numerici e fatti che senz’altro conosce. Mi permetto solo di proporle all’attenzione il programma “Barrio Adentro”, con il quale per la
prima volta nella storia 17 milioni di venezuelani hanno avuto accesso a cure mediche gratuite ed efficienti come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nonostante la stampa latinoamericana ne abbia scritto 10.000 volte e perfino l’opposizione venezuelana sia oramai sulla posizione “Barrio Adentro sì, Chávez no”, non abbiamo mai avuto il bene di vederne scrivere sulla stampa italiana che invece negli anni scorsi ha dedicato decine di articoli per lodare la riforma pensionistica del dittatore -non despota- Augusto Pinochet e proporlo ripetutamente come modello per l’Italia.

La linea politica di Hugo Chávez può essere legittimamente sgradita ma Chávez senz’altro non è un despota. E anche se non è una mera questione di consenso -il problema è senz’altro più complesso- tantomeno, come sembra fare lei, può essere definito “il despota Chávez” per antonomasia. Altrimenti dovremmo misurarci con il dispotismo di altri leader democratici come Alejandro Toledo, che governa da 4 anni il Perù oscillando tra il 7 e l’11% di gradimento da parte dei peruviani o personaggi come Sánchez de Losada o Lucio Gutierrez o Fernando de la Rúa -per restare al tempo presente- che prima di scappare nel ripudio totale degli elettori non hanno esitato a fare sparare sulla folla inerme.

Se posso permettermi di darle un consiglio, da studioso dell’america latina, a sette anni di distanza da quando Hugo Chávez fu bollato come il gorillone golpista e liquidato in questo stereotipo per sempre dalla stampa italiana è tempo che il fenomeno del governo bolivariano non venga più trattato con i corrispondenti da Washington. Se non per comprendere almeno per una questione di sensibilità e di lingua.

Gianni Riotta ha cortesemente risposto a stretto giro. Non riporto il testo della risposta perché non autorizzata la pubblicazione ma sostanzialmente, senza alcuna articolazione di pensiero, scrive che Chávez è illiberale ed a rischio. Sull’illiberale posso capire e replicare non condividendo, ma sull’a rischio proprio non capisco. A rischio di che?