I miraggi mediatici e la vita reale (appunti su Maduro e Berlusconi)

Intervistato stamattina dalla brava Marina Lalovic a Radio3Mondo RAI mi è stato quasi rimproverato di essere stato l’unico a parlare di risultato straordinario, ovvero non scontato di Nicolás Maduro quando il resto dei media, all’unanimità, ne cantavano il de profundis. Al di là del fatto che la mia analisi sia molto più complessa e in chiaro scuro mi interessa ragionare su un dettaglio.

Chi aveva supposto che il cammino di Maduro dovesse essere in discesa? Loro, per una volta tutti in coro, chavisti e antichavisti, locali e internazionali, per i motivi più diversi. Personalmente, ma per fortuna faccio un altro mestiere, se mi ero pronunciato, avevo messo in rilievo il troppo trionfalismo del chavismo, il non automatismo del passaggio dei voti da Chávez a Maduro, da tutti dato per scontato, l’abilità dell’opposizione del far proprio il discorso pubblico bolivariano per dire che avrebbero fatto le stesse cose ma meglio. Ma non scrivo questo post per farmi dire bravo per non essermi sommato al coro che preveggeva una passeggiata di Maduro per poi gridare al crollo per quella che resta una vittoria. Lo scrivo per sottolineare come il mainstream parta da “profezie che NON si autoavverano” per rovesciare completamente la realtà.

Se la copertura mediatica si fosse basata sull’incertezza di sostituire un leader carismatico e navigato come Chávez con un personaggio fino ad ora di secondo piano come Maduro allora adesso staremo parlando tutti di un risultato importante. O no?

Dicono… ma i sondaggi dicevano… oramai c’è una florida letteratura che i sondaggi dicono tutto e il contrario di tutto.

Lo stesso era successo -senza andare più indietro nel tempo- con le politiche italiane del 24 e 25 febbraio. Siccome i media avevano previsto da tempo un tracollo di Silvio Berlusconi il fatto che questo sia stato relativamente contenuto rispetto a sondaggi rivelatisi completamente infondati permette di oscurare il fatto che B. abbia perso sette milioni di voti. I conti poi, non venivano fatti col dato duro dei sette milioni di voti persi, ma col dato liquido del confronto con un’aspettativa infondata.

Chiamiamolo “risultato percepito”, per il quale ai numeri, partendo da altri numeri decisi a tavolino e completamente falsi, qualunque vittoria diventi sconfitta e viceversa. Ma non parlateci di rigore scientifico, o di etica del giornalismo, ciarlatani.