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Genova, G8: un solo ordine: reprimere

A cura di Alessio Marri, Megachip [1] – da www.ilbenecomune.net . Tavola rotonda sul G8 di Genova 2001 con Giulietto Chiesa, Vittorio Agnoletto e Giuliano Giuliani

Ancora oggi, a distanza di quasi sette anni da quei tragici giorni, ancora in molti, probabilmente in troppi, continuano a ricordare del G8 di Genova solo le vetrine ridotte in frantumi, le auto incendiate e i bancomat distrutti. E’ avvenuto anche questo, impossibile negarlo. Ma non solo. Infatti le decine di cortei pacifici, di dibattiti e di incontri culturali sono presto caduti nel dimenticatoio.

E mentre le immagini dei telegiornali stringevano le inquadrature sulle devastazioni e i saccheggi operati da una piccola minoranza, centinaia di video amatoriali e testimonianze dirette hanno inchiodato al banco degli imputati semplici celerini come responsabili di comando più in alto in grado per gravissime violazioni dei fondamentali diritti civili di un paese che si definisce democratico. «La più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale» commentò a pochi giorni dalla chiusura dei lavori Amnesty International.

Ripercorrendo insieme a tre testimoni d’eccezione, analizzeremo le tappe fondamentali di uno dei disastri più grandi mai realizzatisi in Italia nella gestione della sicurezza durante una manifestazione di massa. Ne parleremo con l’On.Giulietto Chiesa, europarlamentare e giornalista, autore del libro “G8/Genova” nel quale racconta quanto visto in prima persona nel luglio 2001; con il Dott.Vittorio Agnoletto, europarlamentare, leader e portavoce del Genoa Social Forum; e con Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il giovane ucciso durante il corteo anti-G8 da due colpi di pistola.

Innanzitutto, come si evince dalle carte processuali e dallo straordinario documentario “Ordine pubblico” realizzato dal Genoa Legal Forum, la prima violazione gravissima avvenuta durante la tre giorni di Genova è stata proprio la negazione dell’elementare diritto a manifestare in un luogo pubblico. L’attacco più eclatante è avvenuto a Via Tolemaide, dove il corteo autorizzato delle “Tute Bianche” è stato senza alcuna ragione caricato più volte. Inoltre il ritardo sistematico nell’intervento delle forze dell’ordine ha permesso a un gruppo ristretto di facinorosi, soprattutto appartenenti al Black block, di muoversi indisturbati per la città sapendo anticipatamente che le cariche sarebbero sopraggiunte su altri manifestanti.

V.Agnoletto : “In primis il percorso in Via Tolemaide era assolutamente autorizzato. Nel settembre 2001 durante l’audizione della commissione d’indagine parlamentare, di fronte a coloro che volevano far passare diversamente l’evoluzione dei fatti, ho mostrato io stesso la documentazione cartacea concernente le autorizzazioni alla manifestazione. L’attacco al corteo è stato quindi totalmente illegale dal momento che è stata un’iniziativa dei carabinieri che ordinarono le cariche in totale disaccordo con la centrale operativa della polizia come mostra in modo inequivocabile il documentario “Ordine Pubblico”.

Inoltre non vi è dubbio che la violenza con la quale sono stati condotti questi attacchi era finalizzata all’evidente ricerca del morto. Le cariche effettuate con i blindati lanciati a grande velocità sulla folla ne sono una chiara testimonianza. In quei momenti tornava alla mente Milano nel 1975, quando un gippone dei carabinieri travolse e uccise il ventisettenne Giovanni Zibecchi.

G.Giuliani : “Ricordiamo che da Via Tolemaide scaturiranno i disordini che porteranno a Piazza Alimonda. Ma la vergogna più grande si è verificata a Piazza Manin dove un reparto mobile della polizia, all’interno del quale vestono la divisa veri e propri farabutti e delinquenti, ha massacrato a freddo il gruppo più pacifico di tutta Genova, i giovani della rete cattolica Lilliput. Il tutto giustificato dal passaggio di alcuni black block nella zona. Probabilmente persino qualche infiltrato. Con un protocollo che si ripete costantemente come provato da centinaia di segnalazioni telefoniche di cittadini e funzionari registrate: si denunciano atti di devastazione e si interviene solo dopo ore e ore, quando ormai il danno è stato compiuto.

Le cariche effettuate poi, come evidenziato dalle indagini, sono state portate avanti in un modo totalmente illegittimo: è stato infatti dimostrato l’impiego di vere proprie sbarre di ferro tra le forze dell’ordine. Così si spiegano le fratture, un normale manganello in dotazione infatti crea al massimo ematomi e lividi, non certo fratture.

G.Chiesa : “Io mi trovavo proprio all’incrocio tra Corso Torino e Via Tolemaide. I carabinieri hanno giustificato l’aggressione al corte delle Tute Bianche dichiarando di essere stati prima attaccati, e poi di voler disarmare i facinorosi. Nulla di tutto questo si è verificato. E nonostante i media abbiano enfatizzato la pericolosità delle strutture difensive delle tute bianche, si trattava solo di pure e semplici “testuggini formali” fatte di plexiglass e plastica. E se in quell’occasione hanno portato avanti qualche giustificazione mal costruita, il giorno dopo presso la Foce (lungomare nei pressi della Fiera di Genova, ndr) non hanno avuto neanche bisogno di scusanti. Hanno assalito il corteo spezzandolo in più parti con attacchi laterali. Dimostrando così definitivamente l’intenzione precostituita di attaccare i manifestanti.

La realtà è che a Genova si è voluto cambiare pagina. Una drastica inversione di marcia nella gestione dell’ordine pubblico. Si è inteso inviare un duro monito alle nuove generazioni, quelle segnate dall’11 settembre, sicuramente non più abituate agli scontri di piazza. Lo Stato, per la prima volta da anni, ha voluto imporre la propria supremazia tramite la violenza e la prevaricazione”.

Dalle immagini e dai resoconti emerge un comportamento quasi generalizzato tra le forze dell’ordine assolutamente al di fuori di ogni logica democratica. Cariche effettuate con i blindati, lacrimogeni sparati ad altezza uomo, l’impiego di manganelli non in dotazione e un utilizzo indiscriminato di armi da fuoco con ben venti colpi sparati accertati. Tutto questo poi culminato con l’assassinio di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” alla Scuola Diaz (come ridefinita dall’allora vicequestore Michelangelo Fournier) e il Garage Olimpo della caserma di Bolzaneto.

G.Chiesa : “Quanto di drammatico successo alla Diaz e a Bolzaneto dimostra il totale via libera concesso alla repressione. Le forze dell’ordine hanno semplicemente ricevuto carta bianca. Se nelle strade le violenze si potevano considerare un errore o persino incomprensioni nella catena di comando, le vessazioni e le torture avvenute in quei luoghi dimostrano la precisa volontà politica di punire i movimenti. Non è credibile che funzionari dello Stato si siano potuti muovere in un modo a tal punto deliberato senza sapere precedentemente di godere della più totale impunità”.

V.Agnoletto : “Bisogna prima di tutto contestualizzare il momento storico: l’ascesa del movimento No Global era impressionante. Si stavano gettando le basi per una crescita di una consapevolezza di massa sui temi cruciali come pace, diritti umani, rapporto nord/sud e difesa dei beni comuni. Probabilmente i termini per una nuova egemonia culturale. Alcuni mesi prima del G8 di Genova un sondaggio su Famiglia Cristiana segnalava la schiacciante contrarietà dei movimenti cattolici nei confronti della guerra e dell’ attuale gestione economica liberista del pianeta. Il governo Berlusconi ha tentato di stroncare questo movimento attraverso una violentissima repressione di piazza e un contemporaneo uso spregiudicato del potere mediatico di cui dispone, con l’obiettivo di accreditare una falsa ricostruzione dei fatti. Tra i vertici delle forze dell’ordine, una volta compresa questa operazione, vi è stata la rincorsa all’accreditamento politico presso la nuova maggioranza di governo. Se a Via Tolemaide c’erano i carabinieri, alla Diaz ha agito la polizia e dalle intercettazioni pubblicate recentemente emerge la conferma che i vertici della polizia o avevano deciso essi stessi l’assalto alla scuola Diaz o comunque ne erano al corrente. Ed infatti è proprio Roberto Sgalla, già segretario del sindacato di polizia Siulp e allora portavoce dello capo della polizia De Gennaro che in una conferenza stampa organizzata quella notte fuori dalla Diaz tentò da un lato di minimizzare la drammaticità e dall’altro giustificare quell’azione assolutamente ingiustificabile.

G.Giuliani : “La scelta è stata presa da una maggioranza contenente ex fascisti se tali possiamo ridefinirli. L’obbiettivo era quello di impedire ogni manifestazione. Massimo D’Alema, che neanche un bambino potrebbe scambiare per un estremista di sinistra, parlò in quei giorni di “clima cileno” e di “vendetta politica delle destre”. E non a caso.

Il comandante generale dei carabinieri Sergio Siracura ha testimoniato l’accertamento di 15 colpi d’arma da fuoco più due che colpirono Carlo. Scandaloso. Come del resto l’archiviazione del procedimento nei confronti di Mario Placanica (il carabiniere ventenne che secondo la procura di Genova è responsabile degli spari, ndr). Si è impedito di arrivare alla verità. Infatti continuo a non essere convinto che a sparare sia stato proprio Placanica: hanno coperto un ufficiale o un sottoufficiale del corpo Tuscania presente a Piazza Alimonda in quei tragici momenti. Il gruppo d’elite responsabile delle torture in Somalia, poi spedito in Kosovo e Jugoslavia e infine inviato a “ristabilire la democrazia in Iraq”. Per non parlare poi dell’orrenda storia del sasso. Hanno colpito la fronte del cadavere di Carlo per inscenare un depistaggio che fortunatamente è fallito. E per Adriano Lauro dirigente del contingente che ha ammazzato Carlo, dopo l’indegna performance teatrale in cui additava, di fronte alle telecamere, la responsabilità del fatto alla pietra lanciata da un manifestante, si sono aperte le porte della promozione. Persino a lui.

Un altro elemento che lascia increduli è l’andamento dei processi. Una totale disparità in materia legislativa rischia di appannare le verità giudiziarie emerse in notevole quantità a carico delle forze dell’ordine incriminate. Non esistendo in Italia il reato di tortura, i manifestanti imputati per devastazione e saccheggio rischiano fino a 10 anni di carcere, mentre i funzionari di polizia e i carabinieri sotto processo molto probabilmente godranno della prescrizione. E’ un secondo e clamoroso atto di una tragedia che parla di una democrazia calpestata.

G.Giuliani : “Io parlo per mio figlio. A causa di quattro mascalzoni tra i consulenti del pubblico ministero e gente indegna di fare il pm e il giudice è stato tutto archiviato in modo penoso.

Nei confronti invece dei processi in corso, posso solo dire che un’opera sana di pulizia nelle forze dell’ordine riconsegnerebbe di certo onorabilità a tutti corpi delle forze dell’ordine e rappresenterebbe un segno di profondo rispetto per chi da anni, nutrendo un reale senso dello Stato, lavora onestamente rischiando la pelle giorno per giorno”.

G.Chiesa : “Nonostante non sia da rimarcare alcun comportamento scorretto tra la magistratura, i processi restano falsati sin dall’inizio. La “casta” ha lanciato moniti precisi: attraverso le scandalose promozioni a favore degli imputati stessi tra le forze dell’ordine, le istituzioni hanno dichiarato il loro tacito assenso all’operato anche dei più violenti. Si è influenzato e indebolito l’azione giudiziaria.

Per quanto riguarda il processo sul lager di Bolzaneto, dobbiamo chiedere conto soprattutto alle maggioranze di centro-sinistra che non hanno trovato neanche il tempo per tramutare in legge la norma della Convenzione Onu contro la tortura, ratificata tra l’atro dall’Italia nel lontano 1989. Sarà anche banale ricordarlo, ma alla fine la magistratura può applicare solo leggi vigenti”.

V.Agnoletto : “E’ importante anche sottolineare come l’Italia non abbia nemmeno recepito le raccomandazioni dell’UE relative alla presenza di codici individuali di riconoscimento sulle divise delle forze dell’ordine al fine di accertare responsabilità personali.

Bisogna anche riconoscere il coraggio dei pubblici ministeri che stanno conducendo i processi per i fatti della Diaz e di Bolzaneto; proseguono con forte professionalità il loro lavoro nonostante la grande maggioranza del parlamento attraverso le promozioni dei massimi responsabili dell’ordine pubblico a Genova abbia chiaramente espresso non solo l’assoluzione, ma anzi perfino il sostegno ai responsabili di quelle inaudite violenze.”

Capitolo finale: la commissione d’inchiesta parlamentare. In un paese civile che si rispetti avrebbe rappresentato un atto dovuto nei confronti dei cittadini che hanno subito vessazioni e crudeltà di ogni genere. Sottolineiamo come nella caserma di Bolzaneto siano stati comprovati l’impiego di almeno quattro delle tecniche ridefinite dalla Corte Europea come «trattamenti inumani e degradanti». Una seria commissione d’inchiesta avrebbe poi restituito credibilità alle stesse forze dell’ordine, che nel corso degli ultimi anni non hanno poi mancato di suscitare scalpore per nuovi episodi cruenti. Tra tutti l’assassinio del giovanissimo Federico Aldrovandi.

G.Giuliani : “Ci sono precise responsabilità politiche bipartisan in questa vicenda. La promozione di De Gennaro a Capo di gabinetto del Ministero degli Interni sotto Giuliano Amato la dice lunga. C’è una continuità politica evidente al Viminale Bianco-Scajola-Pisanu-Amato. Risultano chiare allora le ragioni per cui non si è voluto procedere con una legittima e sacrosanta commissione d’inchiesta. Tra l’altro l’omertà degli imputati tra le forze dell’ordine indica una chiara matrice mafiosa che andrebbe assolutamente sanata.

V.Agnoletto : “La commissione d’inchiesta avrebbe stabilito un continuum preciso tra la violenta repressione avvenuta a Napoli nel 2001 pochi mesi prima di Genova, l’ingiustificato allarme terroristico rielaborato dai media per esasperare il clima intorno ai movimenti,e infine le violenze avvenute a Genova. In realtà si è stabilita una convergenza d’interessi politici tale che neanche un governo di centro-sinistra è riuscito a intervenire in questo senso.

G.Chiesa : “La casta in questo modo ha dimostrato la propria intercambiabilità. Cambiano le maggioranze ma gli interessi rimangono gli stessi. E gli alleati del Partito Democratico, come Di Pietro e i radicali, sono i primi corresponsabili di questo stallo politico. Una cosa mi preme sottolineare in particolare: la commissione d’inchiesta avrebbe scovato i responsabili dell’educazione e della pedagogia delle nostre forze dell’ordine. Credo fortemente che sarebbero emerse personalità di dubbia fedeltà ai valori repubblicani espressi nella nostra costituzione.”