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Alex Zanotelli: «Un Kenya in guerra sarebbe un pericolo per l’Africa»

Il missionario comboniano Alex Zanotelli, già direttore di Nigrizia e «icona no-global», ha vissuto 12 anni a Gorogocho, la grande periferia di Nairobi dove centinaia di migliaia di abitanti sopravvivono nella miseria e nel degrado cercando il cibo tra i rifiuti di un’immensa discarica. È estremamente preoccupato per le sorti del Kenya: «Un guerra civile in Kenya – dice – sarebbe una sciagura per tutta l’Africa Orientale. I voti delle elezioni presidenziali vanno contati nuovamente oppure debbono essere convocate nuove elezioni sotto la supervisione internazionale. Le Chiese africane possono svolgere una decisiva opera di mediazione».
Pensa che la situazione potrebbe degenerare?
«Occorre fare il possibile e l’impossibile per evitarlo. Se il Kenya precipita nello scontro etnico o nella guerra civile sarebbe davvero una tragedia, si tratta dell’unico paese che in quell’area ha finora raggiunto una relativa stabilità politica, dell’unico tassello dove non aveva trionfato la violenza. Se «salta» il Kenya va per aria tutta l’Africa Orientale dove si trovano l’Etiopia e la Somalia. E poi c’è il Sudan… se dilagherà la violenza si determinerà un danno irreparabile».
Quali sono le cause che stanno alimentando le violenze?

«La principale è la forte ed estesa ingiustizia. Quando covano miseria e frustrazione basta un cerino per dare fuoco alle polveri. Ho vissuto per dodici anni tra i diseredati di Gorogocho e so bene quali e quanti problemi ci sono. La prima violenza è quella prodotta da sistema che punta a mantenere ed estendere le baraccopoli perchè servono per reclutare manovalanza a bassissimo costo. E poi si stanno affrontando due differenti ed opposti personaggi politici che rappresentano le due principali etnie del paese. I Kikuyu sono almeno 6 milioni ed hanno avuto un ruolo importante nella conquista dell’indipendenza, mantenendo successivamente importanti posizioni nella piramide sociale. I Luo sono 3-4 milioni e non hanno mai avuto un presidente. Per questo, col tempo, è cresciuto tra loro un forte risentimento che affonda le radici anche nella povertà».
Quali interventi sono possibili da parte della comunità internazionale per tentate di evitare il peggio?

«Occorre essere consapevoli che in Kenya si sta giocando una partita importantissima destinata ad avere ripercussioni in tutta quell’area dell’Africa. L’Unione europea è in grado di svolgere un’opera importante. Anche le Chiese possono avviare una mediazione. Noi cattolici siamo in minoranza; a Nairobi ha sede il Consiglio ecumenico delle Chiese africane che certamente possiede l’autorità e le capacità negoziali per avviare una mediazione».
Con quali obiettivi?

«Esistono, a mio avviso, due possibilità: o si decide il riconteggio dei voti oppure la soluzione può essere la convocazione di nuove elezioni che dovranno avvenire sotto il controllo internazionale. Dopo quel che è successo la gente non si fida più e occorre fornire garanzie».

 

Fonte: L’Unità [1]