Matteo Miotto: coazione a mentire

Com’è morto il caporalmaggiore Matteo Miotto nel Gulistan? Com’è morto il caporalmaggiore Michele Sanfilippo a Kabul? Come è morto il sergente Salvatore Marracino a Nassiriya? Loro come altri sono morti in maniera diversa da come hanno deciso di raccontarcela e, quel che è peggio, come hanno deciso di raccontarla alle famiglie.

La rivelazione del Ministro della difesa Ignazio La Russa, attesa visto che perfino la famiglia lamentava da giorni incongruenze nella verità ufficiale, fa luce su una settimana di menzogne raccontate dallo stesso ministro, dallo stato maggiore italiano e della NATO e ovviamente dai media che oramai neanche più si sognano di mettere in dubbio le versioni ufficiali e mai e poi mai fanno uso del modo condizionale di fronte a informazioni non verificate.

Matteo Miotto dunque non sarebbe stato ucciso da un cecchino (o da un fulmine scagliato dal cielo) ma in una battaglia contro truppe armate che La Russa definisce prima “terroristi” poi “insurgent”. Da fascista qual è La Russa è convinto che “insorti” e “terroristi” siano sinonimi. Del resto anche suo padre o suo nonno spacciavano i resistenti come “banditi”.

E’ perfino troppo scontato dire che la prima vittima della guerra è la verità. Ma è evidente che edulcorare i fatti serve a presentare una versione di comodo: attentati, cecchini, incidenti e mai imboscate, conflitti a fuoco, battaglie devono coinvolgere le nostre “forze di pace”. Altrimenti è guerra e crolla l’intero castello di menzogne che da nove anni ci tiene in Afghanistan.

Ammesso e non concesso che adesso si sia di fronte alla verità sulla sorte di Miotto, chi ha deciso di inventare, confezionare e presentare una versione falsa dei fatti nei quali è caduto Miotto deve essere chiamato a risponderne, se militare messo a riposo, se politico ne devono essere chieste le dimissioni. Non succederà perché questo paese è talmente marcio che per tutti la menzogna è parte del gioco.