- Gennaro Carotenuto - https://www.gennarocarotenuto.it -

Caso Yara; sbatti il mostro in prima pagina

Di fronte all’orrore per una bambina scomparsa e probabilmente rapita, con quel che ne consegue in questi casi, abbiamo assistito all’ennesima caccia all’immigrato. Dicono che sia stata una trascrizione mal fatta, ma la verità è che tutti, magistrati, media, popolo padano, cercavano il mostro nordafricano da sbattere in prima pagina. Come assassino di una Yara Gambirasio, la nuova Milena Sutter della quale per fortuna non si conosce ancora la sorte, fin dall’inizio, non si è cercato un “biondino dalla spider rossa” ma un nordafricano con i calli alle mani. E’ dunque come se quella trascrizione mal fatta fosse stata una sorta di “profezia che si autoavvera” per milioni di razzisti padani ed italiani che, ogni volta che viene commesso un crimine, spera ardentemente e si autoconvince che questo sia stato commesso dalla rappresentazione dei loro pregiudizi, un perfido immigrato, un corpo estraneo impiantato in una società sana e che può pertanto essere espiantato facilmente.

Sono milioni di razzisti che, ogni volta che commettono un crimine, da Erika e Omar a Olindo e Rosa, sviano consapevolmente le indagini sugli immigrati sapendo di trovare un terreno fertile, media conniventi, compaesani pronti a scommettere sulla loro innocenza e puntare il dito sul diverso, politici che capitalizzano organizzando fiaccolate. Sono milioni di razzisti fomentati nei loro istinti dai media commerciali che costruiscono criminalmente con la paura consenso politico attraverso una costruzione selettiva e tendenziosa della realtà. E’ stato dimostrato in innumerevoli studi, come quelli del CENSIS. I media, nella percezione stessa degli italiani, fomentano la paura il doppio dei media francesi e il triplo di quelli britannici, statunitensi o brasiliani a volte inventando di sana pianta leggende metropolitane, come quella sulla “zingara rapitrice”.

Ma non ci si inganni sull’idea di media tendenziosi che da soli corrompono un’opinione pubblica sana. Soprattutto al Nord, ma non solo, almeno un ventennio di costruzione della retorica da piccola patria ha trovato nell’opinione pubblica un terreno fertilissimo. Il vaneggiamento di una nostra comunità sana assediata da nemici che vengono da fuori, gli immigrati o Roma ladrona, è oramai patrimonio condiviso quanto indimostrabile sul quale si è costruito tutto il consenso delle destre e della Lega in particolare. Lo ha dimostrato durante le recenti alluvioni in Veneto il governatore di quella regione Luca Zaia pronto a dare in escandescenza contro chiunque sostenesse che almeno parte dei danni fossero stati causati dal dissesto idrogeologico, dallo sfruttamento dissennato del territorio e dall’abusivismo edilizio.

Quella che ha sbattuto il ragazzo marocchino Fikri in prima pagina è dunque una trascrizione mal fatta che ha messo a nudo una volta di più gli istinti sempre più bassi di una parte del paese. Quella stessa parte che, solo poche settimane fa a Roma, si è schierata a difesa di Alessio Burtone che aveva aggredito e ucciso un’infermiera rumena, con la quale aveva banalmente discusso. “Alessio sei tutti noi” sono arrivati a scrivere. E’ un delirio collettivo che preannuncia, se non questa volta la prossima, il pogrom. Un pogrom invocato in queste ore da decine di benpensanti del paesello di Brembate di Sopra che, in decine di luride interviste di strada in tutti i TG, hanno dimostrato di desiderarlo ardentemente, per fortuna, almeno pubblicamente, non lusingati dal sindaco leghista.

I pensieri, i commenti che svelano, che denunciano, tale perversione sociale della quale il paese è ammalato possono essere solo fatti a mezza bocca, condivisi tra intimi, come quelli che nella giornata di domenica e di ieri si son trovati a sperare che Fikri fosse innocente per non aggiungere all’irrisolto dramma di Yara quello di una nuova ondata razzista. Ma non c’è la forza per gridare. Non c’è la forza per additare al pubblico ludibrio chi fomenta l’odio, colpirlo, delegittimarlo nelle sue sicurezze e smantellare i suoi pregiudizi. Non c’è la forza per mettere a tacere quegli stessi giornalisti che anche la prossima volta preferiranno il modo indicativo al condizionale.

Ci vorrebbe la forza di una nuova narrazione popolare, questa volta positiva. Per rappresentare e denunciare questa Italia e pensarne una nuova ci vorrebbe un nuovo “sbatti il mostro in prima pagina”, il capolavoro di Marco Bellocchio con Gian Maria Volonté, che raccontava come nel 1972, per l’Italia benpensante, il mostro ideale fosse il militante della sinistra extraparlamentare, esattamente come oggi il mostro ideale è sempre l’immigrato. E ci vorrebbe un nuovo “borghese piccolo piccolo”, l’opera di Mario Monicelli con un nuovo Alberto Sordi che interpreti magistralmente le malefiche pulsioni sociali verso il deviante, vero o presunto, per raccontare il sordo odio con il quale questa società non vuole riconoscere il mostro tra noi.