Emanuele Calaiò, l’egoista necessario


Calaiò si è comportato in maniera infantile nel voler tirare per forza il rigore. Ma ha palesato il limite del Napoli attuale. Dicono che il Napoli ha giocato bene nel primo tempo. In realtà quello che ricordo è un’infinita serie di deliziosi fraseggi sulla tre quarti, Hamsik a Gargano, da lui a Zalayeta, quindi a Bogliacino, poi Lavezzi, indietro a Gargano, ricominciamo, Hamsik, Lavezzi, Bogliacino, Gargano, tutto al limite dell’area, con i reggini saltati come birilli ma senza mai conclusioni degne di nota. El Panterón è così mite da non alzare mai la voce, non sgomitare mai, tiene palla molto bene e da ragazzo timoratissimo, per non far male al portiere, preferisce saltarlo, finendo per essere frainteso.

E paradossale avere un italianista come Reja in panchina ed essere elogiati per il bel gioco futile come se l’allenatore fosse Zeman.

E allora io dico che il gesto di Calaiò è egoismo ma di quello sano. Ci vuole un attaccante che sgomita, e che se non lo fai giocare si altera e porta via il pallone. Con Sosa che fa di sponda, di sponda, di sponda, e De Zerbi che è un cricetino che gira nella ruota senza capire mai che sta andando a vuoto, l’unico che può rendere questo Napoli bello ed evanescente una squadra concreta è proprio Calaiò, il nostro arciere, il picciotto palermitano. Una punta vera, uno che per far gol può spinger via anche un compagno e non solo un avversario. Battere il rigore e sbagliarlo, ma non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. E se fossi in Reja punterei su di lui per la notte della Favorita, sabato notte.